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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2010 alle ore 06:47.
IL GIORNALISTA Pino Maniaci
GUIDA DA ANNI TELEJATO,
LA WEB TV DI CORLEONE Pino Maniaci è un giornalista videomaker. Ha acceso anni fa Telejato, web tv di Corleone. Dalla sua piccola tv a conduzione familiare – non più di cento metri quadrati tra redazione, studio e regia in una palazzina di Cinisi – continua a fare denunce. «Ho all'attivo 300 querele», precisa Maniaci.
Pino e quelli come lui – appassionati, coraggiosi, indipendenti – in Italia sono tanti, sempre di più. Imbracciano una telecamera o una macchina fotografica, filmano o scattano, montano, diffondono. E denunciano. Con coraggio. Spesso ricevono minacce velate, talvolta intimidazioni. Ovviamente girano senza scorta e sempre con la loro fedele telecamera al seguito. A Pino hanno bucato le gomme della macchina. Ma lui non molla. Il suo canale ha travalicato i confini isolani, raccontato anche da Bbc, Cnn e Canal Plus France.
In Italia il presidio sui rischi dell'illegalità diffusa è oggi offerto (spesso gratuitamente) da Pino e da un esercito di centinaia di micro-web tv, videoblog, micro-media informativi territoriali. Sono espressione di citizen journalism all'italiana.
Grazie a Nòva24 in questi anni si sono contati. Con l'osservatorio Altratv.tv sono invece geolocalizzati. E oggi decidono di intraprendere una campagna collettiva. Domani dalle 20 unificheranno i palinsesti per trasmettere una maratona per la legalità in memoria di Angelo Vassallo, sindaco di Pollica ucciso dalla mafia, esattamente a due mesi dal suo assassinio. Lo faranno insieme a grandi editori, in una serata «a rete unificata».
Così sul web si moltiplicano le storie di malaffare, di abuso, spesso recensite e geolocalizzate. È il caso di Alterazioni video, collettivo di cinque artisti che ha messo in rete Incompiutosiciliano.org, una mappa delle opere mai terminate made in Italy. «Recuperare gli ecomostri lasciati a metà e trasformarli in opere d'arte, questa è la filosofia del collettivo», precisa Andrea Masu. Da nord a sud il progetto ha contato 395 tra edifici-scheletri, cantieri non ultimati e viadotti sospesi.
Ma i micro-media di denuncia si occupano anche dell'Aquila con la sua ricostruzione, della Val di Susa col movimento no-tav, di Reggio Calabria e Messina col rischio di infiltrazioni mafiose per il ponte sullo stretto.