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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2010 alle ore 06:41.
Rigenera il sistema immunitario dei sieropositivi e lo riporta verso la normalità, rafforzando l'effetto delle terapie antiretrovirali. Sono promettenti i risultati del vaccino terapeutico anti-Aids messo a punto dal team di Barbara Ensoli all'Istituto superiore di sanità. Uno studio appena pubblicato sulla rivista Plos One illustra i primi esiti della sperimentazione di fase 2 ottenuti su 87 pazienti a 48 settimane dalla somministrazione del vaccino. Il test si concluderà quando tutti i 160 soggetti previsti saranno arruolati. «Ma i risultati sono stati talmente rapidi ed entusiasmanti – spiega Ensoli – da spingerci a pubblicare i dati».
Il vaccino – "nato" da quasi 15 anni e in corso di sperimentazione in 11 centri clinici di sei regioni, tra cui il San Raffaele di Milano e il San Gallicano di Roma – agisce contro la proteina Tat, centrale nella replicazione del virus Hiv, ed è stato inoculato mensilmente per via intradermica a due dosaggi (7,5 o 30 microgrammi) per tre o cinque volte in pazienti curati efficacemente con terapia antiretrovirale. «I farmaci non bloccano l'immunoattivazione, lo stato di allarme continuo del sistema immunitario, perché Tat continua a essere prodotto e quindi non riescono a ristabilire l'omeostasi del sistema immunitario», dice Ensoli.
«Per questo i pazienti finiscono per manifestare problemi cardiovascolari, renali e cerebrali in un quadro di invecchiamento precoce». Il segreto del vaccino sta qui: bloccando l'azione di Tat, «arriva dove i farmaci non arrivano». Lo dimostra il confronto tra gli 87 pazienti vaccinati e 88 persone curate con la sola terapia antiretrovirale. I primi stanno meglio: hanno presentato un significativo aumento delle cellule T CD4+ e dei linfociti B, componenti essenziali del sistema immunitario.
È comunque presto per il trionfalismo. La sperimentazione ha provato che il vaccino è sicuro e che aiuta i farmaci a funzionare meglio. Ma non sappiamo se in futuro potrà diventare sostitutivo della terapia né se può avere un effetto preventivo nei sani. «Per ora è urgente completare la fase 2, passando dagli attuali 128 pazienti arruolati a 160», osserva Ensoli. «E bisogna trovare i fondi: abbiamo ricevuto dal ministero della Salute 13 milioni sui 21 necessari». Mani tese dal ministro Ferruccio Fazio, fiero del «risultato tutto italiano»: «In un modo o nell'altro i finanziamenti si troveranno, nell'interesse dei malati». Voce fuori dal coro l'immunologo Fernando Aiuti, che raccomanda invece «estrema cautela», anche nell'investimento.