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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2010 alle ore 06:47.
Il quartier generale di Facebook è irremovibile. La parola d'ordine è "tolleranza zero" per i temibili "data brokers". Il social network per antonomasia ha dichiarato guerra a chi sviluppa applicazioni per la sua piattaforma e poi mette in vendita le informazioni di cui entra illegalmente in possesso.
Il commercio di dati personali acquisiti fraudolentemente con le sempre più numerose "apps" è stato messo al bando dopo che l'inchiesta del Wall Street Journal aveva svelato una deprecabile compravendita di nomi, cognomi, indirizzi, interessi professionali, relazioni interpersonali e contatti.
Sulle pagine del quotidiano americano, infatti, era comparsa una vera e propria indagine che ha portato alla luce le dinamiche di raccolta, stoccaggio e rivendita di informazioni e notizie di estremo interesse per chi svolge attività commerciale e per chi vuole raggiungere un target davvero mirato di potenziale clientela.
A far maggiormente scandalo è stato il caso Rapleaf, piccolo realtà nel brokeraggio dei dati che smerciava – a palate – "UIDs" (ovvero particolari identificativi che potevano essere utilizzati per determinare il nome di un qualsivoglia iscritto a Facebook) e vantava almeno una dozzina di operatori industriali pronti a comprare le preziosissime informazioni a qualunque prezzo.
LOLapps, My Friend Web, Mappdev, My Top Fans e Manakki sono risultate essere le applicazioni più "pericolose": la prima di queste vanta oltre 50 milioni di utenti attivi e non è difficile immaginare quale scempio di dati personali possa aver consentito.
Facebook ha assicurato che non transigerà su un delicato tema come quello della privacy. Chi infrange le regole vedrà inibita la propria possibilità di operare sul sito per un periodo che può arrivare a sei mesi. Poi, per essere riammesse, le realtà "in castigo" devono riguadagnarsi la fiducia di Facebook consentendo ispezioni alle procedure utilizzate per il trattamento dei dati per ottenere – al termine dell'audit – una sorta di certificazione di conformità alla politica di riservatezza fissata dal social network. E chi non supera la prova resta fuori fino al momento in cui riconquista l'idoneità.
umberto@rapetto.it