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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2010 alle ore 06:49.
La saggezza delle masse può fare centro là dove i grandi della Terra hanno fallito ripetutamente? Può aiutare il mondo a uscire dalla palude delle scoraggianti prospettive sul clima? Il Center for collective intelligence dell'Mit ci prova: con il Climate CoLab (climatecolab.org), sta cercando di distillare questa sapienza via web, sul modello di Wikipedia o Linux. «Nel Climate CoLab puoi lavorare con altra gente di tutto il mondo per proporre delle soluzioni al problema del riscaldamento globale», dice l'intestazione del sito. Ora ci si appresta a raccogliere i frutti di questo lavoro, che saranno portati a Cancun via Onu.
«È la prima volta che si attiva una piattaforma aperta di dialogo organizzato con i cittadini sui temi del clima», spiega Massimo Tavoni della Fondazione Enrico Mattei, che ha partecipato al progetto in qualità di esperto insieme a una ventina di colleghi. «Abbiamo fatto un bel lavoro di trasparenza, mettendo a disposizione i numeri e tutte le variabili possibili su cui si basano i modelli dell'Intergovernmental panel on climate change per capire la fattibilità e le conseguenze sui costi dei diversi scenari», precisa Tavoni. Un'apertura di non poco conto, considerando la fama di torre d'avorio dell'Ipcc, che è stata anche all'origine del famoso climategate. L'effetto serra è un argomento sul quale la capacità umana di cooperazione globale s'ingarbuglia fino all'impasse. Per questa ragione, molti esperti hanno avanzato l'idea di un approccio più soft, che sposti il focus della discussione dall'unico grande sforzo diplomatico dei vertici internazionali verso tanti canali più piccoli, in cui si affrontino le singole questioni separatamente. In questo modo, si smusserebbe lo spigolo invalicabile del "vai avanti prima tu" che blocca la discussione centrale. Il Climate CoLab ha il merito di concentrare l'intelligenza collettiva su tutti questi canali laterali, dalla necessità di partnership internazionali per lo sviluppo innovativo delle fonti rinnovabili, all'esigenza di proteggere i luoghi particolarmente vulnerabili dagli effetti già registrabili del riscaldamento globale.