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Il Cern "ricrea" la materia primordiale. La scienziata italiana che dirige l'esperimento: è un buon inizio

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2010 alle ore 18:39.

LHC, il Large Hadron Collider, la più grande "macchina" mai costruita dall'uomo, è riuscita a ricreare la zuppa primordiale di particelle elementari che è esistita solo all'inizio del Big Bang, per meno di un secondo. Lo dicono i primi risultati di Atlas, uno dei quattro grandi esperimenti che vengono compiuti sul gigantesco anello di LHC a Ginevra. Così almeno titolano quasi tutte le agenzie che stanno uscendo in queste ore. Il tutto si capirebbe dall'asimmetria di due jet di nuclei di piombo che si scontrano, quasi alla velocità della luce, dentro il grande acceleratore. L'effetto sembra sistematico, poiché il fenomeno è stato osservato molte volte da 7 novembre scorso.

«Sì, potrebbe essere così ma raccomando cautela- dice con entusiasmo e prudenza da vera scienziata Fabiola Gianotti, la fisica italiana che al Cern dirige l'esperimento stesso - la cosa più giusta da dire è che i risultati che troviamo sono compatibili con quest'affascinante ipotesi, ora occorre ripetere ancora misure per esserne certi». E, infatti, al Cern andranno avanti ancora fino al 6 dicembre a ricreare il fenomeno e studiarlo producendo montagne di dati da analizzare, poi si riprenderà a primavera. I primi risultati di Atlas sono comunque in pubblicazione su una rivista di settore fra le più importanti, Physical Review Letters.
Questo esperimento, come lo chiamano i fisici, ha misurato gli stessi eventi visti anche da un altro, Alice; di cui abbiamo riportato già il 24 novembre scorso, ma in modo completamente diverso.

Che cosa è successo entro l'anello di LHC, 27 chilometri di acceleratore, il maggiore esistente, che parte dalla Svizzera e sconfina in Francia? Degli ioni di piombo vengono fatti accelerare continuamente in due direzioni, una opposta all'altra. Si può pensare a due tubicini, immateriali, di diametro millimetrico che sono contenuti entro un gigantesco tubo, che è l'acceleratore stesso. Questi vengono continuamente accelerati grazie all'energia fornita da magneti, ce ne sono 2000 lungo il percorso di varie dimensioni, il più grande ha un altezza di una casa di 3 piani. I magneti servono anche a far mantenere la traiettoria circolare giusta ai fasci di particelle. A un certo punto i due fasci, o i due ioni a seconda del caso, vengono fatti scontrare uno contro l'altro.

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L'energia è tale che si producono temperature di miliardi di gradi e il mix di pressione e temperatura dovrebbe fare in modo che le povere particelle elementari si possano finalmente scindere nei componenti veramente elementari, per fare un gioco di parole. Anche la più semplice che studiamo a scuola, il protone, la carica positiva elementare, è infatti composta a sua volta da un certo numero di altre particelle, dette quark, che però sono tenute insieme a formare il protone stesso da altre: i gluoni, una specie di colla che non permette loro di esistere indipendentemente ma li obbliga a stare legati entro una sorta di gabbia, il protone stesso.

Ecco: a questi livelli di energia si pensa che i quark possano avere un momento di gloria e vivere liberi per qualche frazione infinitesima di secondo.
Atlas non li ha visti, ma, come riporta correttamente la Gianotti, ha potuto misurare con le sue eccezionali capacità, che due jet di particelle che escono dallo scontro sono asimmetrici, come due piume che partono da un cappello tondo, di cui una però sia assai più piccola dell'altra. Il jet più modesto sarebbe quindi in parte stato assorbito dalla zuppa di quark e gluoni.

Il risultato è inatteso, non in quanto tale ovviamente, ma perché arrivato molto presto, fin dalle prime misure.
«Atlas ha capacità eccezionali di misura – continua la Gianotti – e ci aspettiamo grandi risultati, speriamo infatti che i nostri esperimenti possano portare a capire come è fatta la materia oscura, che costituirebbe il 20% almeno dell'Universo».

Ed effettivamente qui al Cern tutto è tanto gigante quanto infinitesime sono le particelle che si studiano. E questo perché occorrono energie mai raggiunte prima sulla Terra. Atlas è costato circa 500 milioni di franchi svizzeri, il 10% a carico dell'Italia, ha le dimensioni di un palazzo di 5 piani, 45 metri per 25, pesa quasi quanto la Torre Eiffel di Parigi e solo di cavi utilizzati parliamo di 3.000 chilometri. Ciò nonostante riesce a fare misure su questi eventi fra particelle con una precisione inferiore al millesimo di millimetro.

«Sono studi di grandissimo interesse, che richiedono una sviluppatissima tecnologia e speriamo ci portino a capire sempre meglio la natura più intima dell'Universo. D'altronde da queste ricerche emergono applicazioni utilissime ad esempio per la salute, come la Pet e l'uso di acceleratori di particelle per la cura dei tumori nell'adroterapia», conclude la Gianotti, che guida non solo l'esperimento, già eccezionalmente complicato, ma anche il gruppo di scienziati che ci lavora attorno , 3.000 persone da 38 paesi diversi. La scienza insomma è già, da tempo, un affare realmente e positivamente globalizzato.

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