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Tecnologie Media

Branson e Murdoch hanno capito che l'iPad farà concorrenza al web. Il futuro dei giornali

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 16:23.

Richard Branson e Rupert Murdoch sono entrambi imprenditori che in passato hanno spesso ignorato con risultati eccellenti le opinioni più accreditate. Vale pertanto la pena tenerli d'occhio con attenzione allorché si dedicano alla medesima iniziativa e in contemporanea.


In questo caso stanno entrambi dando vita a quotidiani specifici solo per iPad. Sir Richard martedì scorso si è precipitato a New York per presentare una rivista mensile (del costo di 1,70 sterline o 2,99 dollari) denominata "Project", mentre Murdoch si accinge a lanciare un "giornale" che si chiama The Daily, per il quale spera che 800mila persone siano disposte a spendere un dollaro alla settimana. Entrambi, quindi, stanno per imporre ai lettori una tariffa in un'epoca in cui la maggior parte delle pubblicazioni su Internet è gratuita.
Il fatto che Murdoch si accinga a tenere separato il nuovo quotidiano dall' "open Web", pubblicandolo sull'iPad, ha provocato scetticismo e perfino ostilità negli ambienti dei media digitali. «Murdoch continua a far guerra a Internet, ma Internet continua a uscirne vittorioso"», ha scritto Mathew Ingram sul blog GigaOm technology.


Quanto sta accadendo dunque rientra in un dibattito più ampio, volto a comprendere se le aziende non stiano per caso "balcanizzando" la Rete per ricavarne maggiori opportunità per esercitare pressioni economiche. Tim Berners-Lee, lo scienziato britannico che ha inventato il World Wide Web, si è lamentato su Scientific American delle informazioni riservate sugli utenti raccolte e archiviate da Facebook, e dell'"inquietante" desiderio degli editori della carta stampata di creare dei mondi chiusi.


Pur lasciando da parte i modelli economici, è nondimeno difficile biasimarli. La verità è che a distanza di venti anni da quanto Sir Tim lo inaugurò, Internet si è dimostrato un mezzo di mediocre utilità per gli editori che sfornano molte notizie e informazioni. È andato ben oltre il fatto di mettere su uno stesso piano l'ambito di lavoro degli editori di vecchio stampo e le nuove start up: ha offerto un vantaggio non indifferente a tutti coloro che sfornano informazione a basso costo. Ciò era meno evidente prima che fossero commercializzate l'iPad e altre periferiche del genere, ma adesso colpisce indubbiamente molto, in special modo allorché si raffronta l'esperienza di leggere una pubblicazione con molti contenuti su un desktop e su una tavoletta grafica. Un browser normale su un computer è utile per prendere il meglio di qualcosa ("skimming") o navigare ("surfing") tra vari siti di informazione, ma lo è in modo solo scadente per immergere l'utente in uno di essi.

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Tags Correlati: Benedict Evans | Boston Consulting Group | Ingram Mathew | Internet | John Rose | La Rete | Nicholas Carr | Richard Branson | Rupert Murdoch | Stati Uniti d'America | The Daily | Tim Berners-Lee

 

Nel suo libro intitolato The Shallows, l'esperto di nuove tecnologie Nicholas Carr ha parlato delle «modalità di raccolta e dispersione delle informazioni in rapidissima successione, esclusive di Internet» e ha dichiarato che stava iniziando ad abituarsi ad «assorbire le informazioni nello stesso modo col quale le distribuisce la Rete: come un flusso di particelle in rapidissimo movimento».


Inutile dire che Internet offre enormi vantaggi in termini di quantità di informazione alla quale oggi si può accedere, senza che un giornale o un telegiornale funga da tramite. L'idea stessa che chiunque, se lo desidera, possa leggere i 250mila comunicati diplomatici segreti degli Stati Uniti che WikiLeaks renderà presto accessibili sarebbe stata assolutamente inconcepibile venti anni fa.


Non esiste, in ogni caso, un mezzo che sia completamente neutro: proprio come i giornali, la radio e la televisione offrono modalità diverse di presentazione delle notizie e dell'informazione, con diversi gradi di profondità, così pure Internet facilita alcune forme di contenuto più di altre. La gente tende a prendere il meglio dalle home page dei vari siti, invece di effettuare ricerche andando maggiormente in profondità, perché i browser funzionano così. Quando si cerca di scavare più in profondità in una pubblicazione in Rete, spesso la pagina si carica lentamente, e diventa davvero difficile riuscire a uscirne, o anche soltanto sapere dove ci si trova con precisione. «La Rete è un'esperienza infinita: non si ha mai una sensazione precisa di quanto sia sterminata», afferma John Rose, un partner del Boston Consulting Group.


Ciò tende ad avvantaggiare maggiormente i siti superficiali (lo dico in termini tecnici, e non di giudizio di merito) - quelli che hanno una grande quantità di materiale aggregato e link, per esempio Gawker e l'Huffington Post - rispetto a quelli più pesanti, che hanno una quantità maggiore di contenuti. La linea sfuma indistinta quando gli upstart si accingono a produrre altro materiale originale, ma di fatto si resta fermi lì.


L'iPad, con le sue app a schermo intero contenenti un unico gioco o un'unica fonte di informazione, è diverso, come è diverso il fatto che è possibile scaricare tutta insieme un'edizione intera. Ciò rende più facile navigare in profondità, rendendo possibile sapere sempre dove ci si trova esattamente, un'esperienza molto simile a quella che si vive con la carta stampata.


Sulla tavoletta pubblicare un giornale che vada in profondità nell'informazione offre chance migliori di competere con il flusso di informazione open-source e in pillole dell'open Web. È esattamente su questo che stanno scommettendo Sir Richard e Murdoch: che una periferica come la tavoletta possa tornare a offrire il vantaggio della profondità rispetto alla quantità. Forse ciò non sarà sufficiente. Molte persone sono felici di vivere in un mondo nel quale l'informazione è libera e accessibile e continueranno a preferire quest'ultima. «Se credete che siano finiti i tempi in cui a decidere quello che leggevi era l'editore, queste app si disintegreranno» dice Benedict Evans, di Enders Analysis.


Io scommetto che le due coesisteranno, come ogni nuova forma di media di fatto è sempre coesistita con quelle preesistenti. Pare che la gente sia disposta a spendere i propri soldi per avere a disposizione un tempo di consultazione molto più lungo – fino a 45 minuti nel caso di alcune riviste – per un quotidiano su iPad che rispetto al sito Web originario.
Sir Tom preferirebbe che gli editori si attenessero alle regole – e ai preconcetti connaturati - del supporto di cui egli è stato pioniere. A dispetto di tutto il bene che la Rete ha fatto, però, questo ragionamento non ha maggior peso da un punto di vista morale di quanto ne avrebbe un magnate della carta stampata che esiga che tutti producano giornali.
Se Sir Richard e Murdoch preferiscono offrire i loro prodotti su una nuova piattaforma piuttosto che su quelle vecchie, che lo facciamo. Di certo nessuno di loro ha una presa assoluta sulla distribuzione dei digital media. L'iPad ha un browser, e si ritroveranno a competere con migliaia di altre app.


Non sappiamo se entrambi o uno solo dei due avranno successo, ma qualcuno troverà sicuramente il modo di far sì che utenti e pubblicitari paghino una somma di denaro per ottenere contenuti digitali approfonditi consegnati loro come un'edizione integrale direttamente sull'iPad. Saranno in concorrenza con il browser, ma non saranno in concorrenza con Internet. E in questo non ci vedo nulla di male.

Traduzione di Anna Bissanti
c. 2010 The Financial Times

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