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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 06:47.
frontiere
>AI CONFINI DELLA FOTONICA
Le prospettive della banda ultra larga iniziano alle porte di Milano. E sono racchiuse in una scatoletta
Un salto di dieci volte per la fotonica. In un chip progettato a due passi da Milano, nei laboratori Alcatel-Lucent di Vimercate. Quella che un tempo, per intenderci, si chiamava Telettra, l'azienda italiana che ha fatto pezzi di storia delle telecomunicazioni digitali. Oggi, parte della multinazionale che ha riunito i Bell Laboratories (il maggior centro di ricerca sulle tlc del pianeta) alle attività franco-tedesche di Alcatel e al polo milanese, a Vimercate non hanno perso il gusto dell'innovazione di punta. «Oggi, sulla fotonica di frontiera, ovvero coerente siamo gli unici al mondo ad avere un sistema del genere – spiega Domenico di Mola, a capo delle tecnologie fotoniche per l'Alcatel-Lucent –. Moltiplichiamo per dieci la capacità di trasporto di un canale in fibra ottica, senza necessità di cambiare alcun apparato di rete esistente, solo aggiungendo il nostro "motore fotonico" che immette e legge nella luce informazioni dieci volte più ricche rispetto al passato».
La storia di questa innovazione è istruttiva. «L'emissione luminosa non è solo ampiezza, acceso o spento, ma anche fase delle onde. Lo si sa dall'Ottocento, dai tempi di Maxwell. E da oltre quarant'anni si è capito come incastonare informazioni aggiuntive nelle fasi delle onde di luce. Ma non erano disponibili, allora, degli elaboratori di segnale in grado di scrivere e catturare queste informazioni a enorme velocità. Noi abbiamo fatto proprio questo. A Vimercate siamo il Centro di eccellenza mondiale, per l'azienda, nello sviluppo di Asic, di chip elettronici dedicati. E abbiamo tradotto un modello teorico dei Bell Labs in un chip industriale capace di elaborare 56 miliardi di coppie di bit al secondo, estratte dai segnali ottici complessi. Risultato: un salto di dieci volte in efficienza spettrale su ogni canale fotonico, rispetto al precedente acceso-spento».
C'era una volta, infatti, la fibra ottica degli anni Settanta. Un lungo filamento vetroso su cui viaggiava una sola emissione luminosa, che dopo poche decine di chilometri si attenuava fino a spegnersi. Poi un'innovazione italiana, della Pirelli, trovò il modo, grazie ai composti di erbio, di rigenerare il segnale all'infinito. E insieme, si sviluppò la fotonica per più canali (frequenze luminose o colori) e su ciascuno di essi (da dieci a 88 frequenze) far viaggiare dieci (o persino 40) gigabit al secondo. «Oggi su ciascuna di queste frequenze, e anche su fibre di 15 anni fa, possiamo inviare e ricevere 100 gigabit al secondo, l'equivalente di 1.500 film contemporanei in alta definizione – spiega Di Mola –. Il segnale ci arriva come una nuvola ottica confusa, di apparente rumore, ma noi lo analizziamo in tempo reale e riusciamo a leggervi le "parole" di bit contenute dentro. Poi il nostro processore elabora in parallelo fino a 2500 linee logiche alla volta. Di qui il salto. Fino a pochi anni fa un processore di segnale tanto potente, con oltre 150 milioni di transistori su un pezzetto di silicio c-mos, sarebbe stato impensabile. Ora invece questo chip ci apre l'era della fotonica coerente. E siamo solo agli inizi». Che stanno già muovendo gestori di reti a larga banda in tutto il mondo. Negli Usa, in Europa, persino in Asia.