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MENO GAS SERRA SUI SETTE mari

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2010 alle ore 06:48.

DA CANCUN
MARCO MAGRINI[
TESTO]
Può una buona idea nascere da un senso di colpa? Richard Branson assicura di sì. «Siccome sono nel business dell'aviazione – dice l'imprenditore inglese, proprietario della Virgin Atlantic Airways – dovevo alleviare le mie colpe, come operatore in un'industria così "sporca"».
Dopo aver fondato la Carbon War Room, un'organizzazione non governativa che – come dice il nome – ingaggia una battaglia senza quartiere alle emissioni di anidride carbonica che compromettono il clima, al vertice climatico di Cancun sir Branson ha annunciato di aver messo gli occhi su uno dei settori che produce un miliardo di tonnellate di CO2 all'anno, eppure non è contemplato nel Protocollo di Kyoto: non l'aviazione, ma la navigazione.
La Carbon War Room si è inventata un sito dove è pubblicato un database delle oltre 60mila navi commerciali che solcano i Sette mari: è all'indirizzo ShippingEfficiency.org. Per la prima volta, tutti i bastimenti del mondo ricevono un voto alla loro efficienza, che va da A a G, un po' come le lavatrici e i frigoriferi. Sir Branson dice che le grandi catene commerciali come Wal-Mart, che almeno a parole giurano di voler ridurre le emissioni non solo della propria attività, ma di tutta la filiera degli approvvigionamenti, hanno già espresso un grande interesse per l'iniziativa del cavaliere della regina d'Inghilterra.
L'idea di base, come sempre, è quella di incentivare l'uso delle navi più efficienti: ad esempio facendo pagare di più per l'attracco di quelle più sporche. Nel suo piccolo, la Papua Nuova Guinea ha detto di aver già preso in considerazione l'idea per bocca di Kevin Conrad, il suo rappresentante ai colloqui climatici internazionali, che è diventato una specie di star dopo che – al vertice di Bali del 2007 – affrontò pubblicamente la delegazione americana, costringendola ad accettare un compromesso. Ma se Papua è troppo piccola, per imprimere un cambiamento, altrettanto non si può dire delle grandi imprese commerciali, che da oggi hanno la facoltà di scegliere le navi da utilizzare.
Come si diceva, né l'aviazione né la navigazione sono incluse negli accordi internazionali sul clima. Motivo: sarebbe stato difficile computare le loro emissioni lungo le tratte internazionali, quando l'intero sistema di controllo delle emissioni – ancora agganciato alle incertezze di questi interminabili vertici Onu – è basato su metri di misura nazionali. Però tutti danno per scontato che non potrà andare avanti così a lungo: il contributo di navi e aerei al riscaldamento globale, ingaggiato dai gas serra che emettono, non è irrilevante. «Il trasporto aereo e marino – si legge in un rapporto del Pew Center on Global climate change, appena pubblicato – produce il 3% delle emissioni globali, ma con un trend di crescita inarrestabile, fino al 300% da qui a metà secolo». Certo, se l'aviatore Branson si sente in colpa, dovrebbe occuparsi più degli aerei che delle navi. E difatti – mentre giura che entro 5 anni la Virgin volerà con carburanti più puliti – promette di stilare in futuro anche una lista degli aerei "buoni e cattivi". Il senso di colpa logora chi non ce l'ha.

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www.carbonwarroom.com
www.shippingefficiency.org

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