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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2010 alle ore 13:21.
Una buca delle lettere su internet dove inviare segnalazioni e avvisi sulle inefficienze delle reti del commercio locale e internazionale. TradeLeaks ha appena debuttato in Australia, sull'onda del successo di Wikileaks e dei suoi cloni. Ma non prevede nessun filtro per le informazioni ricevute: saranno pubblicate senza verifiche. Dovranno essere gli utenti a controllare le notizie e votare i temi più interessanti. Inoltre, la garanzia dell'anonimato è piuttosto limitata: gli utenti devono registrarsi, ma possono intervenire con un nickname.
Le ambizioni sono alte: ha l'obiettivo dichiarato di «fare nel commercio ciò che Wikileaks ha fatto in politica». La pagina online è simile a un forum: ogni utente può scrivere il suo messaggio e ricevere un voto da altri. Ma a poche ore dal lancio ha già sollevato obiezioni e dubbi: non è chiaro come saranno verificate le notizie ottenute e quanto sia efficace la tutela delle «gole profonde». Anzi, viene richiesto di «inviare informazioni credibili, incluse le fonti dei documenti quando possibile». Senza ulteriori chiarimenti sull'affidabilità e sull'anonimato.
Il fondatore è un giovane imprenditore
Il fondatore di Tradeleaks non è un attivista per i diritti dei consumatori né un hacker, ma un giovane imprenditore, Ruslan Kogan: nel 2009 ha ricevuto anche un premio per il suo talento negli affari da Ernest e Young. In Australia ha lanciato un negozio su internet per la vendita di prodotti elettronici, soprattutto televisioni lcd e led: attraverso la sua Kogan Technologies è riuscito a negoziare prezzi più bassi con i fornitori cinesi. E ha accumulato un patrimonio stimato di 29 milioni dollari, come sottolinea il quotidiano online australiano News.com.au. TradeLeaks è uno degli ultimi progetti ispirati a WikiLeaks: finora sono partite iniziative simili dedicate alla trasparenza dell'informazione per l'Unione europea, la Bulgaria, la Germania. Ed è atteso a giorni il lancio di OpenLeaks, progettato da un gruppo di «secessionisti» in contrasto con Julian Assange, fondatore dell'archivio che ha sta pubblicando 250mila documenti diplomatici inviati da ambasciate e consolati degli Stati Uniti.