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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 06:47.
Il futuro della scienza più giovane sarà deciso dai ragazzi. Tra dieci anni i risultati della ricerca nel campo delle nanotecnologie saranno il frutto del lavoro di oggi condotto da ricercatori under 30 anni. Nei laboratori dell'Istituto Nanoscienze del Cnr, sono al lavoro giovani scienziati, la «maggior parte dei quali sono assegnisti di ricerca, dottorandi o laureandi», spiega la direttrice Lucia Sorba. L'Istituto Nanoscienze ha iniziato ufficialmente la sua attività a febbraio ed è frutto dell'unione di tre poli scientifici di livello internazionale: il Nest (National enterprise for nanoscience and nanotechnology) di Pisa, l'Nnl (National nanotechnology laboratory) di Lecce e l'S3 di Modena. In tutto vi lavorano 230 ricercatori, dei quali due terzi giovani. «Una delle direzioni di ricerca – spiega Sorba – punta a sfruttare la capacità di assorbimento di idrogeno da parte di superfici di carbonio». L'obiettivo è produrre sufficienti quantità di grafene, fogli monostrato di carbonio, per catturare grandi quantità del gas. In questo modo si potrebbero realizzare serbatoi per questo vettore di energia, recuperando il sogno di un'economia all'idrogeno. Sul fronte della produzione energetica si gioca un'altra delle sfide portate avanti soprattutto nel polo di Lecce. Qui, anche grazie a cospicui finanziamenti regionali, si sta lavorando alla realizzazione di celle solari nelle quali a catturare la luce è una tintura organica. Queste celle, alternative al silicio, semitrasparenti e flessibili, potranno integrarsi con pareti e vetrate degli edifici. A Modena, invece, i ricercatori sono impegnati nello studio di materiali nanostrutturati che riducono l'attrito e che possono essere utilizzati per diminuire i consumi energetici dei motori. Non a caso, questa ricerca coinvolge anche la Ferrari e imprese italiane del comparto della meccanica avanzata del distretto emiliano. Una delle realtà che caratterizza l'Istituto Nanoscienze è proprio la sua capacità di avviare partnership. La maggior parte del budget è frutto di contratti con imprese o progetti di ricerca, mentre le collaborazioni con le università sono parte integrante dell'attività dell'istituto. Il polo di Pisa, storicamente, usufruisce dei laboratori della Scuola Normale Superiore; Lecce lavora a stretto contatto con l'Università del Salento, e Modena con l'Università di Modena e Reggio Emilia. Tra dieci anni, dunque, queste partnership permetteranno forse di produrre elettricità dalle vetrate o di fare correre automobili a idrogeno. (an.car)