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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 06:50.
DI STEFANO COSTA
Archeologo, membro della Open Knowledge Foundation, coordinatore del progetto Iosa (www.iosa.it).
La congiuntura negativa che l'economia sta attraversando comporta pesanti ripercussioni sulle risorse dedicate al patrimonio culturale. Si può andare oltre la crisi anche senza sostegno economico? Cory Doctorow sosteneva poche settimane fa che «un'istituzione autorevole potrà superare momenti di scarsità di denaro meglio di quanto il denaro possa risollevarne una irrilevante».
In questo periodo critico, l'ibridazione con la tecnologia è una opportunità importante per il patrimonio culturale. È un rapporto che dura almeno da 40 anni, solo di recente entrato in una dimensione pubblica con l'avvento della digital archaeology e del web: che sia questa la soluzione del rapporto tra specialisti, istituzioni e pubblico?
Siamo di fronte a spinte contrastanti: da un lato lo svuotamento di significato del patrimonio culturale usato come vetrina per strumenti e applicazioni altrimenti inutili, dall'altro l'ottica necessariamente burocratica delle amministrazioni pubbliche che di patrimonio culturale si occupano istituzionalmente – con la necessità di modelli sostenibili a lungo termine per l'archiviazione e la gestione delle informazioni.
Per i privati è tradizionalmente difficile trasformare la cultura in opportunità di mercato, eppure non mancano i settori come editoria e turismo che ne beneficiano in modo continuato. Le imprese grandi e piccole possono rivendicare un ruolo non solo strumentale e di appalto, ma anche di progettazione e costruzione del patrimonio, dell'identità. Una società sana deve saper allargare gli orizzonti e investire sulla cultura come valore in sé: cultura e società sono una cosa sola. La rete permette forme di creatività e partecipazione il cui valore potenziale è ancora tutto da esplorare.
In questo quadro l'esperienza del progetto Iosa va alla radice del rapporto ibrido tra archeologia e tecnologia, puntando sulla nuova opportunità di rendere pubblica questa ibridazione, uscendo dal l'ambito specialistico verso un percorso di condivisione. Iosa propone dal 2004 modelli sostenibili di archeologia digitale, dalla ricerca fino alla divulgazione e valorizzazione, basati sul software open source, sull'open access alla ricerca. Dal 2009 la linea di ricerca innovativa è quella delle banche dati culturali in rete, accessibili a studiosi e cittadini: un cambiamento culturale possibile tramite innovazioni tecnologiche.