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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 06:48.
Cosa fanno dove sono dirette le neuroscienze contemporanee? A condurci nei laboratori in cui si svelano i segreti del cervello sono tre studiosi della Sissa (la Scuola internazionale di studi superiori avanzati di Trieste). «Gli strumenti e le tecniche che usiamo sono le più differenti, a seconda delle esigenze del ricercatore – dice Mathew Diamond –, dalla risonanza magnetica funzionale agli esperimenti sui topi». L'armamentario del neuroscienziato include la stimolazione magnetica transcraniale, che consente di agire su specifiche aree cerebrali. E molto altro ancora.
Diamond si occupa di un campo all'avanguardia, la biomimetica: «La robotica è dominata da un approccio ingegneristico, mentre certi problemi tecnici la natura li ha già risolti». In particolare Diamond sta completando un progetto europeo mirato a riprodurre le notevoli capacità tattili delle vibrisse (i "baffi" dei topi), al fine di sviluppare robot capaci di muoversi con destrezza in ambienti domestici oppure pericolosi (ad esempio tra le macerie causate da un terremoto). In più, sta partendo uno studio di fattibilità per l'eventuale realizzazione (assieme ad altri partner) di protesi neurali, cioè chip che in futuro potrebbero permetterci di restaurare funzioni cerebrali danneggiate da ictus e tumori. Per Raffaella Rumiati, «i prossimi anni vedranno convergenza degli studi sul cervello normale e su quello malato; se i primi ci consentono di stabilire (ad esempio con la risonanza) la correlazione tra una certa area e una certa funzione, i secondi ci aiutano a individuare i rapporti di causa-effetto tra una patologia e un sintomo».
In parole povere disporremo di molte conoscenze nuove, utili a coloro (medici, chirurghi e così via) che dovranno gestire questa o quella malattia cerebrale. Ma alla Sissa si lavora anche sui cervelli sani, e in particolare sui cosiddetti "esperti", cioè su persone che riescono bene in un certo compito (ad esempio ricordano e riconoscono facilmente i volti altrui); in questo caso l'obiettivo è di capire come il loro cervello impari a fare ciò, riuscendo così a migliorarsi. È infatti possibile che, in futuro, tali conoscenze possano essere d'aiuto in qualche modo anche a coloro che "esperti" non sono, contribuendo forse al potenziamento del cervello sano normodotato.