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L'UNIVERSO È UNA foglia

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 06:47.

LO STUDIOSO DI CAMBRIDGE È NOTO PER IL PRINCIPIO ANTROPICO FORMULATO CON Frank Tipler

C'è una guerra in atto, non cruenta, ma comunque combattuta senza esclusione di colpi. È quella, molto particolare, fra i cosmologi, i "creatori" di modelli di Universo che hanno una missione: capire come si è formato e come evolve, però con il tremendo vincolo di dover far tornare i conti matematici che conseguono alle loro teorie con le osservazioni che vengono fornite da telescopi a terra e nello spazio.
John Barrow, professore di Matematiche nella prestigiosa Università inglese di Cambridge, è uno dei più noti e appassionati cosmologi esistenti e, da sempre, agita il campo con le sue idee. Nel 1986 assieme a Frank Tipler, Barrow dette una formulazione del Principio Antropico che fece scalpore e fu usata anche in malo modo, al di fuori della scienza. Il Principio afferma che l'esistenza della Terra e della vita in essa, e quindi anche della nostra esistenza, è legata a una combinazione a valanga delle costanti fondamentali della natura. Se "in principio" le cose fossero andate in modo anche solo leggerissimamente diverso l'Universo oggi apparirebbe formato in tutt'altro modo e chissà se con la vita sulla Terra. Quel periodo è passato, lo ammette lo stesso Barrow, che si è sempre tenuto lontano da strumentalizzazioni di tipo creazionista o simili che ne sono state fatte.
Anzi, per il suo sforzo di chiarire i rapporti fra scienza e fede è stato insignito del prestigioso premio Templeton perché con «...i suoi scritti sulla relazione tra la vita e l'universo, e sulla natura della consapevolezza umana...».
Se si pensa comunque a uno scienziato pacifico e conciliante ci si sbaglia di grosso. A proposito dei recenti lavori del "concorrente" Sir Roger Penrose, va giù pesante e battagliero. «Certamente se uno usa la statistica con i margini di errore ampi come le ali di un aquila come ha fatto lui può trovare qualunque tipo di regolarità nei suoi dati, ma è senz'altro fasulla». Non certo un colpo di fioretto. Penrose recentemente ha esposto alla comunità scientifica un lavoro, molto criticato anche da altri per la verità, in cui afferma che nei dati della radiazione di fondo, l'eco del Big Bang iniziale che ancora si osserva nel campo delle microonde, ci sarebbero chiaramente delle regolarità, consistenti in grandi cerchi che si possono perfino vedere nella "fotografia" dell'Universo primordiale fatta dal satellite Wmap. E queste regolarità sarebbero l'indicazione che prima di questo Universo ce ne è stato un altro almeno.

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Tutto sbagliato secondo Barrow, che invece sta fra i sostenitori dell'Universo inflazionario. Un termine economico per dire che dal momento del Big Bang, in cui peraltro la nostra scienza non riesce ancora a entrare, sarebbe iniziata un'espansione, che le più recenti osservazioni vogliono anche accelerata. Ma andando a indagare i primissimi istanti si può, secondo Barrow, pensare che la "bolla" iniziale non si sia formata in modo omogeneo, ma entro la stessa bolla se ne siano formate tante altre, corrispondenti a tanti altri universi, ed entro queste bolle se ne sarebbero formate altre ancora, che si propagherebbero alla velocità della luce in «un processo continuo di cosmogenesi», come lui stesso lo definisce lo stesso Barrow. Per visualizzare quindi il concetto si può affermare dal Big Bang si sarebbero formati una quantità di Universi, con una struttura ad albero con tanto di rami e foglie, e noi saremmo, con il nostro tremendamente ridimensionato Universo, in una di queste tante foglie. «È quindi possibile che il nostro Universo sia semplicemente uno come tanti altri» afferma con sorniona semplicità Barrow, che sa meglio di altri le pesanti implicazioni di questa sua teoria. Ma subito rimedia facendo trasparire che andando avanti con lo studio potrebbe uscire che fra questi universi, incomunicabili a prima vista, ci si potrebbe "parlare e visitare" tramite "cunicoli" spazio temporali, finora ipotizzati solo nei libri di fantascienza.
Sarebbe la chiusura del cerchio per la sua Teoria del Multiverso, ma su questo ultimo punto lo stesso autore va estremamente cauto. È però molto convinto che, lavorando sulle stesse mappe della radiazione di fondo del Big Bang prodotte da Wmap, e che saranno quest'anno migliorate sensibilmente dal satellite europeo Planck, riuscirà a trovare qualche prova dell'esistenza del Multiverso, più convincente di quella dei suoi concorrenti.
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