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Tecnologie Computing

Apple senza Jobs: ora è in gioco la tenuta del titolo in Borsa

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2011 alle ore 21:02.

L'iPad 2 è già pronto a entrare in produzione. Le innovazioni dell'iPhone 5 sono già state decise. La nuova versione del sistema operativo del Mac Os X, battezzata Lion, è ai ritocchi finali. E poche ore prima dell'annuncio dei risultati finanziari dell'ultimo trimestre – quello che include le vendite natalizie – Steve Jobs annuncia che la sua salute è di nuovo precaria. In altre parole, la sua ennesima, temporanea uscita di scena non sembra una mossa improvvisata, ma studiata alla perfezione: proprio come la Apple fa con i suoi prodotti. Il motivo è che c'è un titolo azionario da difendere. E non uno qualunque: il titolo dei record.

Un'azione Apple valeva intorno ai 10 dollari nel 2001, quando Jobs – da quattro anni tornato alla guida della sua creatura – lanciò il primo iPod in mezzo al sostanziale disinteresse del mercato. Ma venerdì scorso al Nasdaq ne valeva 348, pari a una capitalizzazione di 320 miliardi di dollari: nel frattempo, l'iPod è diventato un simbolo, l'iPhone un'icona e l'adozione universale dell'iPad (circa 15 milioni di esemplari venduti in meno di un anno) ha definitivamente sospinto la Apple nell'Olimpo di Wall Street.

Cosa accadrà alla Apple il giorno in cui il talento creativo di Jobs dovesse mancare? La domanda, che impazza su website e blog di tutto il mondo, non può avere facile risposta. Ma una cosa è certa: non andrà come nel 1985, quando il cofondatore della Apple viene cacciato inopinatamente dal suo consiglio di amministrazione. Alla sua uscita, il Ceo John Sculley – così come i suoi due successori – credono di avere in casa Apple il tocco del successo, ma non è così. Senza il volubile e volitivo Jobs, senza la «distorsione della realtà» che produceva intorno a sé, l'azienda di Cupertino finisce neanche troppo lentamente sull'orlo del tracollo. Jobs torna nel 1997, lancia gli iMac colorati e la dottrina «Think Different». E poi succede quel che è successo.

Non andrà come nel 1985 perché stavolta Jobs, il suo braccio destro Tim Cook e tutta il vertice si sono impegnati a lungo in un difficile lavoro: preparare il domani della Apple. È difficile immaginare la seduta di un consiglio di amministrazione dove si parla di cancro al pancreas, della sua odissea clinica, degli infausti margini di probabilità. E magari cercare di pensare "diverso" anche in quell'occasione. Però è quel che deve essere successo, magari già mesi or sono.

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Tags Correlati: Apple | Borsa Valori | Hardware | Henry Ford | John Sculley | Nasdaq | Steve Jobs | Thomas Edison | TIM | Wall Street

 

Steve Jobs è già nella leggenda dell'imprenditoria americana, da Henry Ford, anzi da Thomas Edison, in giù. Per anni, la Apple è stata vista come una sorta di religione, e i suoi utenti come un'accolita di credenti tecnologici. Ora che iPhone e iPod sono nei supermercati l'allusione non regge più, ma in qualche modo l'analogia diventa valida: Jobs è un po' come il maestro e i vicepresidenti della Apple i suoi apostoli. Una miriade planetaria (come testimoniano i commenti sui siti dei giornali) spera di vederlo tornare a fare i suoi miracoli tecnologici e di marketing. Non è come nell'85. Stavolta, la dottrina Think Different può avere un futuro.

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