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Tecnologie Cellulari

Il boom dell'Internet mobile? Rischia di far aumentare le bollette

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2011 alle ore 18:07.

L'analisi è di due società di ricerca specializzate in materia di telecomunicazioni, Tellabs e Analysys Mason, e non farà certo piacere a tutti coloro che armati di smartphone e tablet sono sempre più connessi al Web e scaricano applicazioni dal loro dispositivo. Da un recente studio, infatti, emerge come la prevista esplosiva crescita del traffico dati su rete mobile (Sms esclusi) creerà molte difficoltà di cassa agli operatori telefonici. Da qui una prevedibile conseguente azione di compensazione (dei ridotti introiti) sulle bollette degli utenti, che si vedrebbero dunque costretti a pagare canoni mensili più elevati rispetto a quanto non facciano oggi.

La brutta notizia in questione è al momento solo una possibilità ma gli analisti sono stati assai decisi nel mettere in risalto un problema che vedrebbe i conti dei carrier (a cominciare da quelli nordamericani) andare in rosso fra il primo trimestre del 2013, nella peggiore delle ipotesi, e il primo trimestre del 2014, secondo uno scenario più prudente. A impattare sui bilanci sarebbero ovviamente i costi per i necessari aggiornamenti delle infrastrutture chiamate a supportare l'enorme aumento del traffico di video, chat e applicazioni di vario genere. Se non si trova rapidamente un modello di business in grado di bilanciare nuovi investimenti ed entrate derivanti dai piani tariffari, questo l'assunto dello studio, è assi probabile che entro tre anni al massimo At&T e compagnia si troveranno a conteggiare perdite non indifferenti. E il fatto che anche i carrier asiatici (sei/nove mesi dopo quelli americani) e quelli europei rischino la stessa sorte non è certo una consolazione sufficiente a trascurare il rischio.

La strada da intraprendere per evitare bilanci in rosso è nota: i ricavi devono essere legati alle modalità di utilizzo dei servizi e non più alla sola larghezza di banda attraverso la quale gli stessi vengono erogati agli utenti mobili. I piani "flat" dovranno lasciare il posto a tariffari strettamente correlati ai reali consumi effettuati per scaricare le apps dalla Rete, accedere ai servizi residenti nella cloud e riprodurre contenuti digitali (video in primis) via Internet. Ridurre l'entità del pacchetto dati incluso negli abbonamenti non può essere la sola soluzione percorribile, perché verrebbe limitata agli utenti la flessibilità d'uso dei propri dispositivi. Ed aumentare le spese in bolletta appare per molti versi un suicidio. Le compagnie telefoniche sono quindi a una sorta di bivio: offrire i rispettivi servizi in modo modulare, prevedendo un pacchetto base (la sola navigazione on line a banda larga) e altri premium dedicati allo streaming audio e video, ai servizi Voip e via dicendo, oppure buttarsi concretamente nel mercato delle apps, aprendo negozi virtuali in stile Apple e Google. Serve in buona sostanza un "biz model" evoluto e per concretizzarlo è fondamentale – e di questo sono logicamente convinti i fornitori di infrastruttura - che gli operatori arrivino ad avere una gestione più efficiente del traffico, apps in primis, in transito sulle loro reti. Non a caso si parla, da tempo, di network mobili intelligenti.

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Il rischio di veder crescere ulteriormente le proprie spese telefoniche non fa piacere a nessuno e a maggior a chi, nella fattispecie gli abbonati americani ai servizi wireless, che inconsapevolmente spendono decine e decine di dollari ogni anno in più di quanto dovrebbero per le telefonate e i dati scaricati e inviati dal loro device mobile. L'allarme arriva da uno studio di BillShrink, un motore di ricerca che permette di selezionare tramite apposito software la migliore offerta telefonica e di connettività in relazione alle proprie esigenze. Ebbene, stando alle informazioni elaborate sulla base di oltre 230mila bollette vagliate dal sito fra dicembre 2009 e dicembre 2010, circa l'80% degli utenti non calcola a dovere il volume di traffico (minuti per le chiamate voce, numero di messaggi Sms, Megabyte di dati da scaricare) di cui effettivamente necessita e si espone di conseguenza al rischio di spendere parecchio in più, fino a 346 dollari l'anno come valore medio, per acquistare abbonamenti che vanno molto oltre il loro reale fabbisogno. L'esempio delle più recenti offerte di At&T, Verizon e T-Mobile, che prevedono circa 150/200 Mbyte di traffico dati mensile incluso con lo smartphone mentre il consumo medio degli utenti supera di poco gli 80 Mbyte, è in tal senso emblematico. In parole povere gli operatori fanno pagare ai clienti mobili molta più capacità (di banda e di volume di traffico) di quanto non ne venga in effetti consumata, con il risultato - stando a quanto calcolato da BillShrink - che i consumatori a stelle e strisce buttano circa 79 milioni di dollari l'anno in servizi di cui attualmente non hanno bisogno.

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