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CENSURA aggirata

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 06:50.

frontiere >BATTAGLIA IN RETE Ancora una volta le contromosse delle barricate digitali tengono aperto il dialogo su internet
Internet è un pericoloso avversario politico, commerciale, militare. I regimi totalitari lo guardano con terrore, immaginano ambiziosi progetti di regolamentazione, inseguono il sogno di un controllo efficace e capillare. Despoti e prepotenti temono la libertà di espressione e di comunicazione ancor più di un assalto armato o di un'imboscata mortale. Non esiste scorta o blindatura che possa salvare qualsivoglia rais dalla detronizzazione multimediale, operata con messaggi, documenti, foto e filmati che si moltiplicano all'infinito e sovvertono ogni equilibrio.
Quel che è accaduto nella regione nordafricana – e l'Egitto ne è l'esempio eclatante – dimostra che bit e byte sono l'ossigeno della rivolta, che i gangli telematici sono le vie su cui si snodano i cortei virtuali, che blog e social network possono trafiggere anche governi ritenuti impermeabili e inamovibili.
Internet è come un terremoto: a poco servono infrastrutture "antisismiche" per fronteggiare la forza della natura della rete, ma ciò nonostante si è assistito e purtroppo si continuerà ad assistere a sforzi tecnici e legislativi per bloccare l'informazione e il suo irrefrenabile moto sussultorio. Si sono visti numerosi tentativi per filtrare, rallentare o bloccare l'accesso e la fruizione dei contenuti disponibili online o le opportunità di contatto uno-a-uno, uno-a-molti e molti-a-molti. Ciascuno di questi conati ha un percorso ben definito e qualche itinerario alternativo, ognuno dei quali ha tempi e risultati variabili.
La stretta di vite comincia con la messa al bando delle realtà ritenute maggiormente pericolose. La censura mirata prevede l'individuazione delle coordinate del l'obiettivo – nome del sito principale, dei suoi sottodomini e dei "mirror", nonché relativi numeri Ip e corrispondenti traslazioni degli stessi in formato esadecimale e successivamente decimale – e l'immediato inserimento in una black-list permanente oppure predisposta per la specifica occasione. I provider, che in molti Paesi sono controllati o sono molto vicini al regime, attuano procedure di esclusione di chi è compreso nell'elenco: i web in questione diventano irraggiungibili e il cybernauta che prova a collegarsi riceve un messaggio di errore come il classico «http 404» oppure si ritrova sullo schermo una pagina informativa che spiega per quale motivo non si può accedere al sito richiesto (come accade anche in Italia per le iniziative a contrasto della pedopornografia e del gioco d'azzardo illegale).

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Tags Correlati: Barack Obama | Egitto | Erik Hersman Tecnoafrica | Etisalat Misr | Firefox | Hans Rosling Medici | Hosni Mubarak | John Wood | Link Egypt | Nairobi | Organizzazione Mondiale della Sanità | Telecom Egypt | Vodafone | Wael Ghonim | World Economic Forum

 

In termini pratici la manovra consiste in un reindirizzamento di chi naviga in rete verso una destinazione prestabilita, così come avviene nella circolazione stradale con certe brusche svolte obbligatorie. L'operazione è compiuta sui Domain Name Server (Dns), ossia quei computer che su internet traducono i nomi degli indirizzi web in numeri Ip e instradano chi naviga: gli Url "vietati" vengono abbinati a un Ip senza sbocco o corrispondente alla pagina di avviso che si è finiti su una rotta non consentita.
Questo sistema è spesso bypassabile da chi conosce l'Ip del web di interesse o dagli utenti che impostano il proprio browser (Internet Explorer, Firefox, Chrome, Safari...) a servirsi di un Dns magari straniero che sia differente da quello fornito in automatico dal provider. Il dribbling è rapido e non richiede competenze tecniche ma soltanto una buona informazione in proposito.
La censura può prevedere anche il tracciamento metodico di chi raggiunge siti off-limits, chi pubblica sui social network contenuti "sgraditi" o esegue ricerche con parole chiave classificate come pericolose: le azioni ritenute in contrasto con una determinata linea politica o anche solo simpatizzanti con opposizioni di sorta vengono abbinate al numero Ip del computer utilizzato per porle in essere. La schedatura è facilissima e spesso viene integrata con l'aggregazione di soggetti in reciproco contatto fino alla definizione di dettagliate mappe relazionali.
In Egitto si è andati oltre. Constatata l'inefficacia delle iniziative di blocco dei social network e delle altre limitazioni alla libera navigazione, si è passati a un intervento che ha mutilato le comunicazioni. L'intervento è stato simile alla progressiva chiusura di un rubinetto: la riduzione della larghezza della banda di connessione ha rapidamente lasciato a secco chi cercava di inviare o ricevere dati, così come confermano le statistiche dei volumi di traffico online per la specifica area geografica negli ultimi giorni di gennaio.
Ma non è bastato strangolare i collegamenti con interventi mirati sui gestori di servizi telematici e azzoppare le comunicazioni cellulari e anche il semplice invio di sms: la resistenza è riuscita nella propria missione grazie all'ingegno di chi sulle barricate digitali ha predisposto di volta in volta le migliori contromosse.
umberto@rapetto.it
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2... Io la chiamo Rivolta 2.0. È come Wikipedia: tutti contribuiscono con dei contenuti, ma nessuno sa i nomi di chi li fornisce Wael Ghonim, manager di Google
La lotta tra gatti e topi giocata sul filo del web Stop alle comunicazioni Il venerdì 28 gennaio i quattro maggiori provider del paese – Link Egypt, Vodafone/Raya, Telecom Egypt e Etisalat Misr – interrompono le loro funzioni in base agli ordini del governo. In serata risulta impossibile chiamare con telefoni cellulari o inviare sms. Ricorso ai provider stranieri Nella giornata del 29 gennaio il traffico internet da e per l'Egitto si sposta in modalità dial-up su provider stranieri con chiamata da rete fissa. Alcuni navigatori ricorrono anche a connessioni satellitari pur di mantenere vive le comunicazioni via web. Il disturbo su rete fissa Il 29, su input governativo, il traffico dati viene "disturbato" per ostacolare chi si collega da rete fissa, sfruttando la possibilità dei router di analizzare i pacchetti e distinguere le chiamate in fonia e quelle riconducibili a possibili connessioni a internet mediante operatori esteri. Tweet via voce Tra il 31 gennaio e il 1° febbraio Google e Twitter mettono a disposizione un sistema che consente a chi si trova in Egitto di inviare tweets bypassando internet: basta telefonare a un numero e seguire le istruzioni in arabo. I messaggi lasciati vengono trasformati in tweet e veicolati in Rete.Quando il manager lascia l'azienda per combattere la sua battaglia Non solo Google. Nella rivolta egiziana che ha portato all'estromissione di Hosni Mubarak un ruolo di rilievo l'ha avuto Wael Ghonim, un manager di Google che ha utilizzato la sua esperienza nel Web 2.0 per organizzare la protesta. Sono diversi i casi di manager che hanno lasciato incarichi di rilievo, anche in società internet, per combattere le loro battaglie, sia nell'ambito dei diritti civili che socio-economico o sanitario. (Schede a cura di Luca Dello Iacovo)
L'avvocato prestato ai diritti civili Ory Okolloh Mappe democratiche. Una laurea in giurisprudenza "summa cum laude" e un dottorato alla Harvard Law School: Ory Okolloh è entrata senza difficoltà nello studio Covington & Burling, tra i più prestigiosi degli Stati Uniti. Ma non si ferma. Durante l'università ha seguito le prime iniziative per incentivare la partecipazione su internet degli abitanti nei paesi in via di sviluppo. Decide di cambiare vita: abbandona la carriera nelle aule di tribunale e apre sul web una vetrina per monitorare gli atti del parlamento di Nairobi. Torna in Kenya, la sua nazione di origine: durante le elezioni presidenziali del 2007 racconta su twitter gli scontri. Poi apre la piattaforma online Ushahidi, una mappa per raccogliere segnalazioni dal territorio. Lo scorso gennaio diventa policy manager di Google per l'Africa. www.ushahidi.comDa Paypal nascono i prestiti online Premal Shah Solidarietà online. Premal Shah abbandona la megalopoli indiana di Ahmedabad per cercare successo negli Usa. Circa dieci anni fa entra a far parte di una start-up, Paypal, che aveva sviluppato un sistema affidabile per le transazioni online. Fino a diventare product manager. Ma non dimentica le sue radici. E mette alla prova un'intuizione maturata durante l'attività professionale. Chiede un permesso di tre mesi e compra un biglietto aereo per l'India: sperimenta sul campo se è possibile costruire una piattaforma per inviare via web piccoli prestiti agli imprenditori nei paesi in via di sviluppo. E sei anni fa lancia Kiva: ha raccolto finora 192 milioni di dollari e ha finanziato quasi 500mila persone. Al World Economic Forum del 2009 Shah è stato nominato Young global leader. www.kiva.orgLasciare Microsoft e cambiare il mondo John Wood Scaffali aperti. A 35 anni John Wood era tra i manager di punta di Microsoft in Cina, dove aveva lavorato per quasi dieci anni. Durante una vacanza in Nepal entra nella scuola di un villaggio e vede che i libri sono custoditi a chiave in un armadio: appena quattro testi per 450 allievi. Quando torna a casa invia una mail ai colleghi per chiedere di donare vecchie opere letterarie. E consegna il dono agli studenti nepalesi. È un'esperienza che cambia la sua visione del mondo. Nel 2000 abbandona l'azienda: fonda un'organizzazione non profit, Room to Read, per costruire biblioteche nei Pvs e finanziare l'istruzione delle donne. Finora ha edificato 1.100 scuole e ha distribuito 7 milioni di libri. Ha raccontato il suo viaggio in una biografia, «Leaving Microsoft to change the world». www.roomtoread.orgMarketing sul web per l'Africa hi-tech Erik Hersman Tecnoafrica. Tre anni fa le elezioni presidenziali in Kenya diventano terreno fertile per scontri e proteste. Un gruppo di attivisti costruisce una mappa su internet per riunire le segnalazioni di incidenti, inviate dalle aree rurali della nazione attraverso sms, fotografie e telefonate. Diventa Ushahidi: in lingua swahili significa "testimonianza". Erik Hersman è tra i primi a lanciare il progetto della cartina digitale: ha lavorato per anni nel marketing sul web e ha fondato un'azienda specializzata nelle campagne promozionali online. Ma dopo il successo di Hushahidi si dedica a progetti per lo sviluppo locale attraverso l'informatica e le telecomunicazioni. Lancia Afrigadget, un blog dove segnala le iniziative delle start-up africane. Ed è tra i fondatori dell'iHub, un parco tecnologico di Nairobi. www.ihub.co.ke
Facebook, Obama e il network per Ong Chris Hughes Network di volontari. Al primo anno di università Chris Hughes condivideva la stanza con altri due studenti: lavoravano insieme a un social network per connettere gli allievi del loro ateneo, Harvard. Il social network era Facebook. E in poco tempo diventa uno spazio frequentato da milioni di persone. Nel 2008 entra nello staff di Barack Obama durante la corsa per le primarie negli Stati Uniti: progetta una rete sociale sul web – MyBarack.com – che contribuisce a raccogliere 30 milioni di dollari per finanziare le spese elettorali. Non si ferma, però, alla Casa Bianca. E parte per un viaggio in Africa. A 27 anni diventa consulente per un fondo di venture capital. Molti, forse, si sarebbero accontentati. Ma Hughes lancia un altro social network, Jumo, dedicato agli attivisti e alle organizzazioni non profit. www.jumo.comIl medico che elabora statistiche animate Hans Rosling Medici hi-tech. Hans Rosling è docente di salute internazionale al Korolinska Institute. Prima di tornare in Svezia ha studiato l'evoluzione delle epidemie in Africa per vent'anni. Ed è appassionato di statistiche. Durante una conferenza Ted negli Stati Uniti racconta l'evoluzione della sanità pubblica nel mondo attraverso grafici animati, ricostruiti a partire dalle informazioni raccolte negli archivi dell'Oms e di altre organizzazioni internazionali negli ultimi decenni. Il video del suo discorso fa il giro del mondo su internet, anche attraverso YouTube. E il suo software, Gapminder, convince Google: diventa il punto di partenza per lanciare il progetto Public data explorer, una piattaforma per l'elaborazione visuale delle statistiche nazionali. www.gapminder.org

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