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TUTTA L'arte IN GIGAPIXEL

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 06:50.

LA PIATTAFORMA, IDEATA DAL TEAM DI Amit Sood, È FRUTTO DEL «PROGRAMMA 20%», IL TEMPO DEDICATO DAI DIPENDENTI GOOGLE ALLA RICERCA PERSONALE
Google o non Google, l'arte prima o poi verrà tutta digitalizzata. Ne sono convinti curatori, direttori di musei, critici e pure gli stessi artisti. Obiettivo: consentire l'accesso alle opere in ogni parte del mondo e conservarne il dettaglio, perché la cultura è di tutti. Dal canto suo, in parallelo, l'esperienza «dal vivo» si arricchirà di significato e di funzioni aggiuntive, sempre più spettacolari. A sancire il decollo di questo doppio binario è il successo di Google Art Project che, a una settimana dal debutto, già registrava 10 milioni di accessi e 70mila "my collection" create dagli utenti.
A onor del vero il merito non è tutto del colosso americano. Di arte virtuale, di pixel al posto di pennellate, se ne parla da anni. L'italiana Haltadefinizione, ad esempio, ha progettato un sofisticato procedimento di ripresa fotografica, certificato dall'Istituto superiore per la conservazione e il restauro: dopo «L'ultima cena» di Leonardo da Vinci e la Cappella degli Scrovegni di Giotto, l'azienda di Novara ha proposto di recente sei capolavori della Galleria degli Uffizi in standard Rhd (real high definition), a una risoluzione ottica minima di 1500 ppi (pixel per pollice) sulla misura reale dell'opera, rendendo possibili ingrandimenti di gran lunga superiori a quanto l'occhio umano può percepire da vicino.
La novità introdotta da Google Art Project, dunque, non sta tanto nella tecnologia di riproduzione (in gigapixel), quanto nell'aver predisposto un'unica piattaforma condivisa per 17 musei, visibile a tutti nel mondo. In secondo luogo «Google offre una velocità di visualizzazione senza precedenti – afferma Christian Ghiron, responsabile nuove tecnologie per il ministero dei Beni culturali, regista degli accordi con Google –. La potenza di calcolo messa a disposizione garantisce uno zoom quasi immediato sul dettaglio, grazie all'appoggio di oltre 450mila server sparsi nel mondo».
Il sito internet degli Uffizi, finora l'unico museo italiano aderente, ha registrato un incremento medio di accessi del 150%, con un'impennata da 5mila a 35mila accessi unici giornalieri nei giorni dell'avvio della piattaforma. «Per un ente museale questo progetto è innanzitutto un'ottimo volano di comunicazione», commenta Ghiron che ha scelto la Galleria fiorentina per debuttare «in pompa magna, con il polo museale più noto nel mondo». Sono già una ventina gli altri musei italiani che vorrebbero aderire alla piattaforma e, in base a quanto riferisce il ministero, i prossimi a offrire dipinti e sale digitalizzate potrebbero essere proprio i "più piccoli", perché «chi è meno conosciuto può avvantaggiarsi maggiormente con questo progetto». Google è un partner tecnologico importante con una penetrabilità a livello mondiale che nessun'altro è in grado di offrire. Il benchmark finale è aumentare i visitatori: «Google Art Project consente di arrivare a qualsiasi utente, su qualsiasi supporto, fisso o mobile – aggiunge Ghiron –. Come quando, prima di prenotare un albergo, andiamo su internet a vedere le foto delle stanze, mossi dalla curiosità».

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Tags Correlati: Alphabeti Srl | Christian Ghiron | Francesca Alonzo | Google Art Project | Google Earth | Haltadefinizione | Illusionetwork | Internet | James Davis | Leonardo da Vinci | Mibac | Napoli

 

Le potenzialità, però, non finiscono qui. La piattaforma Google offre la possibilità di creare le proprie collezioni (come le playlist di YouTube), lasciare commenti, linkare foto e video e condividere le opere digitali. Uno strumento che gli insegnanti potrebbero utilizzare in classe, predisponendo selezioni spiegate per gli allievi. Un progetto in grado di fornire ai musei nuove informazioni sulle opere più popolari e condivise, ispirando community di appassionati. La digitalizzazione dell'arte, infine, è anche una forma di tutela: come ha ricordato alla presentazione del progetto James Davis, online collection editor della Tate Gallery di Londra, «la copia digitale è per tutta la vita, e per i restauratori questa tecnologia di riproduzione consente di vedere certi particolari non identificabili a occhio nudo».
Google Art Project rientra in un più ampio percorso di digitalizzazione dell'arte a cui gli ingegneri di Mountain View stanno lavorando da anni. Si è partiti con Google Books: il Mibac a marzo 2010 ha stretto un accordo per riprodurre un milione di copie digitali, pescando nel patrimonio delle biblioteche nazionali di Roma, Firenze e Napoli. Con il decollo di Street View, poi, il virtual tour negli scavi di Pompei ha registrato un milione di accessi nei primi venti giorni e nei prossimi giorni sarà possibile entrare in altri quindici siti archeologici e museali, tra cui il Colosseo e la Reggia di Venaria. Non mancano infine le app per guidare il turista durante la visita, offrendo di fatto una "realtà aumentata": entro l'8 marzo sarà presentata un'applicazione gratuita per smartphone e iPad brevettata dalla società Illusionetwork che permetterà di passeggiare tra i Fori Romani vedendo 6.700 edifici e monumenti antichi ricostruiti sullo schermo del proprio telefonino, visualizzando – grazie a un meccanismo di geodifferenziazione che consente l'attivazione – com'erano nel 320 d.C., in base a studi archeologici e ricerche sul campo. Il modello di base è lo stesso di «Roma antica 3D», già fruibile su Google Earth.
L'avvio di Google Art Project ha rimesso in moto il dibattito sui limiti di queste esperienze virtuali. Innanzitutto lo scetticismo emerge facendo la conta dei grandi assenti, dal museo nazionale del Prado di Madrid (che con Google aveva già sottoscritto un accordo per navigare tra i capolavori attraverso le ricostruzioni in 3D di Google Earth) al Louvre parigino che per il momento ha scelto di non appoggiarsi al grande motore di ricerca. La Francia ha investito oltre 750 milioni di euro in un programma quadriennale per la digitalizzazione della conoscenza (dai libri all'arte), ma il processo va al rallentatore: la velocità di Google, pari a 6mila libri al giorno, è impensabile per qualsiasi società francese.
Non mancano le criticità sulla piattaforma di Google, che "i più attenti" hanno messo in luce: le opere digitalizzate e le sale virtuali sono solo una piccola percentuale; al visitatore ancora non è data la possibilità di fotografare o riprodurre alcunché, il che limita la condivisione; e poi manca il racconto narrativo. «Google Art Project è un contenitore ipertestuale in puro stile Google – commenta Francesca Alonzo, responsabile dei progetti culturali multimediali per Alphabeti Srl, che da anni si occupa di tecnologie per l'arte –. Tutto è sullo stesso piano e mancano i percorsi, mancano le guide. La filosofia di Google è lasciare libero l'utente, non sono interessati a proporre un taglio critico o dei percorsi preferenziali. I capolavori sono decontestualizzati, il rischio è quello di perdersi in un senso di vuoto».
michela.finizio@ilsole24ore.com
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