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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2011 alle ore 10:36.

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Fiducia e flessibilità: è intorno a questi concetti, in fondo, che si concentrano le preoccupazioni delle aziende riguardo al cloud computing. In un recente rapporto sul mercato italiano, Idc rileva che i dubbi sull'affidabilità del cloud ne stanno rallentando la diffusione nelle aree più importanti dei processi aziendali. Per questo motivo le aziende italiane tipicamente preferiscono usare sistemi tradizionali per le applicazioni "mission critical", quelle fondamentali per fare andare avanti il business. Dall'applicazione per il conteggio delle paghe, a quella per gestire il magazzino fino alla semplice e-mail.

Per questi motivi, alcune Pmi possono rinunciare ai servizi cloud, mentre quelle grandi possono decidere di investire solo in private cloud (interne alle proprie strutture distribuite sul territorio). Ed evitare, al momento, il passo verso le public cloud, notano gli analisti di Idc. Nella mancanza di fiducia possiamo far rientrare timori di vario tipo, ma soprattutto quelli di perdere, anche solo per qualche ora, l'accesso ai propri dati o la possibilità di utilizzare in ogni momento un servizio presente sulla nuvola. Gli esperti sono divisi nel giudicare o no fondati questi dubbi. Fatto sta che i fornitori internazionali di cloud si stanno affrettando a fugarli (a conferma di quanto siano diffusi e non solo in Italia). Secondo Idc, il settore della cloud security & compliance offre grosse opportunità di ricavi ai vendor. Sono soluzioni che rendono la nuvola più sicura e compatibile con le policy aziendali.

Poche settimane fa Rsa, la divisione Security di Emc, ha lanciato Cloud Trust Autority, un sistema che gestisce il problema dell'identità e dei privilegi di accesso a un servizio cloud, attraverso un'interfaccia centralizzata. Lo scopo evidente di questo vendor, come altri, è aumentare la fiducia delle aziende.

A soffiare in senso contrario sono però i guardiani della privacy. Radicale è in particolare la tesi di Luca Bolognini, presidente dell'Istituto Italiano Privacy: «Il cloud computing è illecito allo stato attuale, non essendo conforme con le normative europee». «Bisogna rivedere la direttiva privacy dell'Unione europea, ormai obsoleta, per affrontare i problemi non solo della conservazione ma anche della trasmissione dei dati su cloud computing – afferma invece Francesco Pizzetti, presidente dell'Autorità Garante della Privacy –. Nell'attesa di un accordo internazionale sulla questione, sarebbe opportuno far notificare le tecnologie cloud dai Garanti europei, a tutela della privacy degli utenti», aggiunge. A puntare il dito sulla scarsa trasparenza di alcuni contratti di servizi cloud è poi un rapporto recente di Gartner. Secondo cui i fornitori dovrebbero essere più chiari nel dichiarare i termini di qualità, continuità di servizio e responsabilità in caso di problemi.Male clausole dei contratti sono a volte troppo aleatorie e poco dettagliate. Ne possono derivare costi imprevisti in fase di passaggio e gestione dei servizi cloud.

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