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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2012 alle ore 07:30.

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Le energie rinnovabili si sono affermate inizialmente soprattutto in Europa, un'area fortemente antropizzata e sostanzialmente povera di risorse energetiche tradizionali (petrolio, gas, ecc), fatta eccezione per l'estremo Nord (Norvegia) ed Est (Russia), così da assicurare ai cittadini europei una minore dipendenza energetica dall'estero.

I grandi investimenti nelle fonti pulite di Paesi emergenti come Cina e India sono spiegabili con la crescente fame di energia che caratterizza queste economie.

Poco noto, invece, è che anche nei Paesi mediorientali simbolo della old energy, quella del petrolio e delle fonti fossili, si sta iniziando a guardare con interesse alle fonti rinnovabili in un'ottica di diversificazione delle risorse energetiche. Il progetto più imponente è stato avviato in quello che è ancora oggi il Paese leader nella produzione globale di petrolio, l'Arabia Saudita: Riad ha varato nel 2010 un apposito programma (denominato King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy) con l'obiettivo di sviluppare 54.1 GW (l'equivalente di circa cinquanta centrali atomiche) di impianti rinnovabili entro il 2030, di cui 41 GW grazie allo sfruttamento dell'energia solare.

In particolare, 16 GW sarebbero garantiti dal tradizionale fotovoltaico e ben 25 GW dal solare termodinamico. I GW restanti dovrebbero essere assicurati dagli investimenti nell'eolico e nella geotermia. La scelta green della monarchia saudita non è dettata tanto dal timore di un esaurimento delle riserve interne di greggio quanto, piuttosto, dalla volontà di preservarle il più a lungo possibile. La domanda di energia elettrica del Paese arabo dovrebbe, infatti, triplicare nei prossimi 20 anni e, per questo motivo, si vuole realizzare "una transizione verso un mix energetico equilibrato, rafforzando la capacità dell'Arabia Saudita di soddisfare la futura domanda internazionale di petrolio", si legge nel sito ufficiale del progetto.

Le rinnovabili dovrebbero coprire al 2030 almeno un terzo del fabbisogno locale, rispetto all'1% attuale. L'Arabia Saudita, infatti, se non riuscisse in questa svolta, è destinata nel 2030 a bruciare 850 milioni di barili di petrolio l'anno, il 30 per cento della sua produzione, soltanto per la generazione di energia elettrica a fini interni. Un conto, insomma, troppo salato, che potrebbe indebolire il ruolo del Paese nello scacchiere internazionale. A Riad, per questo motivo, non si bada a spese: per sviluppare questa mole di progetti sono attesi investimenti per oltre 100 miliardi di dollari, che stanno già attirando l'attenzione dei principali operatori del settore.

Persino nella città simbolo dell'Islam, La Mecca, il fabbisogno elettrico sarà assicurato in futuro dalle fonti pulite. Le prime gare d'appalto, per la costruzione di 1.100 MW di fotovoltaico e 900 MW di solare termico dovrebbero partire già nel primo trimestre del 2013. L'Arabia Saudita non è un caso isolato nel Medio Oriente: entro il 2020, Abu Dhabi si è impegnata a produrre il 7 per cento della sua energia da fonti rinnovabili, una iniziativa in questo caso guidata da Masdar, il colosso energetico degli Emirati. Nel 2014 dovrebbe sorgere Masdar City, la prima città al mondo a zero emissioni di carbonio. completamente alimentata da tecnologie pulite come solare, eolico e geotermico, con edifici verdi e trasporti sostenibili, destinata a ospitare soprattutto uffici di aziende della green economy locale.

L'area di Sir Bani Yas Island, sulla costa occidentale di Abu Dhabi, è invece destinata a ospitare il più grande parco eolico a terra del Medio Oriente. Molto attivo nello sfruttamento dell'energia del vento è anche l'Iran, con diversi impianti in via di realizzazione; altre iniziative sono presenti anche in Giordania e Iraq.

Un discorso a parte merita il Nord Africa, dove da anni è stato avviato il mega progetto Desertec (con la partecipazione dei big europei dell'energia), che prevede che, entro il 2050, l'energia solare dal Sahara settentrionale riesca a soddisfare circa il 15 per cento del fabbisogno europeo di energia elettrica e una proporzione significativa della domanda di elettricità locale. Il programma ha subito un rallentamento a causa della turbolenza politica innescata dalle "primavere arabe"; il Marocco, non toccato dalle rivolte, sta invece iniziando a realizzare le prime centrali previste, con l'obiettivo di arrivare a coprire il 42%% del suo fabbisogno con le rinnovabili entro il 2020. Un ruolo centrale in Desertec sarà giocato dal solare termodinamico, su cui le imprese italiane possono vantare un know-how significativo, grazie all'innovativa tecnologia a sali fusi sviluppata dall'Enea.

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