Meno tasse, pensioni da rivedere, stop alle grandi riforme: i Beatles furono i liberisti degli anni Sessanta
Cinquant'anni fa i Beatles presero gli Usa, passaggio fondamentale per la successiva conquista – musicale, culturale e di costume – dell'intero pianeta. Il 9 febbraio del 1964 apparvero per la prima volta al popolarissimo Ed Sullivan Show: l'America si fermò, cosa che era accaduta soltanto per l'omicidio di Jfk pochi mesi prima e si sarebbe verificata ancora, cinque anni più tardi, con l'allunaggio
di Francesco Prisco
1. Beatles economisti / Lezione inglese in Usa

Ciascuno celebra a suo modo quella specie di rivoluzione copernicana. La cerimonia di consegna dei Grammy, in calendario il 26 gennaio prossimo, ospiterà per esempio «The Night that changed America» (in onda il 27), il tributo allo sbarco dei Fab Four sul suolo statunitense che coinvolgerà tra gli altri Eurythmics, Alicia Keys e Maroon 5. La Universal, nuova casa discografica di Lennon e soci dopo l'acquisizione di Emi, il 7 febbraio – ricorrenza dell'atterraggio all'aeroporto Kennedy di New York -, tira fuori il cofanetto «The U.S. Albums» con le riedizioni dei dischi beatlesiani per il mercato a stelle e strisce. L'omaggio più singolare, in ogni caso, sembra finora quello dell'autorevolissimo Washington Post che affida al columnist Neil Irwin un provocatorio articolo intitolato: «I Beatles furono i Mitt Romney degli anni Sessanta, più altre lezioni politiche dei Fab Four». Lettura «economistica» dell'avventura musicale dei quattro di Liverpool che parte da un teorema: per quanto la vulgata li accrediti come icone rivoluzionarie, il messaggio di John, Paul, George e Ringo starebbe meglio nel pantheon liberista che in quello di Sinistra.
©RIPRODUZIONE RISERVATA