MADRID - Richiamato all'ordine dalla Ue e messo in un angolo da una telefonata di Barack Obama, alla fine José Luis Zapatero ha dovuto capitolare e ieri ha annunciato nuove misure di austerity, fortemente impopolari perché toccheranno da vicino milioni di spagnoli, per far fronte alla deriva dei conti pubblici. Forse non le ultime, dato che il presidente spagnolo non ha escluso, a breve, un aumento della pressione fiscale sui redditi più elevati.

La manovra, per complessivi 15 miliardi di euro in due anni (2010-2011) varata ieri, che si aggiunge ai 50 miliardi già decisi in precedenza, e che sarà ratificata venerdì dal consiglio dei ministri, prevede sacrifici per tutti, ma in particolare per lo stato sociale, una delle bandiere della politica zapateriana: pensioni, sanità e lavoratori dipendenti subiranno infatti importanti tagli. Così come il salario dei funzionari, gli investimenti allo sviluppo e le infrastrutture. Quanto basta perché le organizzazioni sindacali abbiano dichiarato il loro disaccordo e fatto balenare lo spettro di scioperi che finora hanno risparmiato il paese nonostante il tasso di disoccupazione sia schizzato negli ultimi mesi oltre il 20 per cento.

Tirato in volto, Zapatero ha letto ieri mattina in parlamento, probabilmente il discorso più difficile di tutta la sua carriera e da quando nel 2004 è diventato presidente per la prima volta. Un intervento accorato, di aiuto e di solidarietà (che il leader dell'opposizione Mariano Rajoy ha polemicamente respinto) per tentare di traghettare la Spagna al di là delle secche in cui si trova: una situazione ben diversa da quella di abbondanza e di euforia economica che si respirava nella decade bruscamente interrottasi nell'estate di due anni fa.

Quali dunque le misure più significative proposte dal governo per recuperare 1,5 punti di disavanzo pubblico nei prossimi due anni? Nel settore pubblico il salario dei dipendenti sarà decurtato in media (proporzionalmente allo stipendio) del 5% nel 2010 e congelato nel 2011, per un totale di oltre 4 miliardi di euro. Mentre i membri del governo, in modo da dare un esempio concreto al paese, avranno la busta paga alleggerita di un 15% (7-800 euro al mese), un'iniziativa cui potrebbero aderire anche i parlamentari.

Sul fronte più strettamente sociale, Zapatero ha messo fine all'automatismo di adeguamento delle pensioni all'inflazione, che durava da 25 anni, decidendo di congelare (salvo quelle contributive e minime) gli aumenti previsti nel 2011. A farne le spese, 5 milioni di pensionati. Contemporaneamente verrà abolito, a partire dal prossimo gennaio, il bonus-bebé di 2.500 euro che veniva dato ai nuovi nati, per un totale di oltre 1 miliardo di euro. In campo sanitario si procederà invece a una revisione dei meccanismi di distribuzione e di costo delle medicine (generici e non) in modo da risparmiare qualcosa come 500 milioni all'anno. Infine, oltre all'abolizione del regime transitorio del meccanismo di pensionamento parziale, le misure adottate ieri prevedono che si tagli la retroattività degli aiuti previsti dalla legge per l'assistenza alle persone non autosufficienti e che si acceleri l'iter per l'approvazione dei solleciti in modo da snellire le procedure (risparmio previsto: 700 milioni).

Per quel che riguarda invece gli aiuti previsti allo sviluppo economico, la riduzione del budget è di 600 milioni su un totale di oltre 5 miliardi, che si aggiungono ai 6 miliardi di euro di taglio per opere pubbliche (in pratica i lavori verranno ritardati da 6 a 12 mesi rispetto al previsto). Alle Regioni e ai Comuni verrà invece richiesto un sacrificio di 1,2 miliardi di euro. Non poco. Infatti c'è già qualche autonomia che minaccia, per quest'anno, un aumento della pressione fiscale locale, per compensare eventuali mancati introiti.

Come dicevamo, in totale 15 miliardi di euro, e la sensazione che non siano sufficienti (nonostante la reiterata promessa a breve di riforme del mercato del lavoro e delle pensioni) a rimettere in carreggiata la Spagna. Tanto più che ieri Zapatero ha ammesso che queste misure freneranno la crescita del Pil nel 2011 di alcuni decimi di punto. Il rischio è che il malessere sociale si aggiunga a quello congiunturale: 2,6 milioni di funzionari e circa 6 milioni di pensionati sono infatti pronti a scendere in piazza per rivendicare i propri diritti.

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