MADRID - José Luis Zapatero in una recente intervista ha detto che adotterà qualsiasi misura pur di rilanciare l'economia spagnola e pur di riordinare i conti pubblici entro il 2013 così come promesso a Bruxelles e ai partner europei.

La dichiarazione è importante perché la Spagna è la quarta economia nella Ue e ha quindi un peso specifico ben superiore a quella di altri "pigs" come Grecia e Portogallo. Se la sfiducia dei mercati dovesse abbattersi su Madrid (un assaggio c'è stato lo scorso 4 febbraio quando la Borsa è crollata in una sola seduta del 6%) con la stessa intensità con cui ha colpito ultimamente altri paesi della zona euro, per la moneta europea sarebbe un vero disastro.

La domanda è dunque se la Spagna sia realmente una nazione a rischio come di volta in volta sembrano indicare le analisi delle principali agenzie di rating internazionali (il debito a lungo termine è sotto osservazione con possibili implicazioni negative ed è stata tagliata la notazione ad alcune casse di risparmio) o di alcune banche. Tanto più che il Tesoro dovrà emettere quest'anno debito per oltre 210 miliardi di euro per far fronte al rimborso di quello in scadenza e per finanziare gli interventi varati a sostegno dell'economia.

«Il peggio - dichiara Juan Ignacio Crespo, responsabile di Thomson-Reuters - è ormai alle spalle e non vedo all'orizzonte alcun default. Le ultime emissioni sono andate bene e sui Cds il differenziale con la Germania si sta gradualmente riducendo. Pur nelle difficoltà contingenti, sulla Spagna non ci sono mai stati grandi problemi di fiducia. Il paese è solvibile, paga con puntualità e continuerà a farlo anche in futuro, tant'è vero che il debito in scadenza (90 miliardi di euro restano da rimborsare nel 2010) viene continuamente rinnovato senza sforzo e così quello addizionale che corrisponde all'incremento del disavanzo pubblico».

Secondo l'analista di Thomson l'economia spagnola ha sì 6-9 mesi di ritardo rispetto alla ripresa degli Stati Uniti, ma ci sono segnali che la situazione stia gradualmente migliorando. In particolare, secondo Juan Ignacio Crespo è importante il fatto che il tasso di risparmio degli spagnoli non sia stato mai così elevato (18%) come negli ultimi mesi. Ma anche che l'inflazione sia contenuta. Due fattori, che permettono di guardare all'aumento dell'indebitamento spagnolo (dall'attuale 55% all'80% circa del Pil in 3 anni) e al deficit (che verrà ridotto dall'attuale 11,4% al 3% nel 2013), con relativa tranquillità.

In realtà i rischi non mancano. La crisi provocata dallo scoppio della bolla immobiliare, che è stata lenta e non improvvisa come quella sui prodotti tossici di altri paesi, è entrata nel profondo del tessuto economico del paese e si è allargata ad altri settori come l'auto e il turismo, ma anche a quello bancario. Le cifre che danno un quadro della realtà quotidiana sono quindi il milione di case invendute; gli oltre 4 milioni di disoccupati (20% del totale); le sofferenze bancarie che crescono di mese in mese; l'indebitamento delle famiglie (176% del Pil, secondo McKinsey) che porta il totale dell'esposizione del paese (pubblico e privato congiunti) al 400% del Pil circa; il calo della produzione industriale (-2,5% a gennaio). Il tutto mentre i conti pubblici sono fuori controllo e c'è chi dubita che possano essere rimmessi in ordine entro il 2013.

La Spagna è passata in 5 anni dall'essere un paese virtuoso, in forte crescita, a una nazione con uno dei maggiori disavanzi nella Ue e una delle recessioni più marcate. Qualcuno dice che il paese ha fatto il passo più lungo della gamba e che sarebbe stato meglio restare fuori dall'euro: sarebbe bastata infatti una modesta svalutazione della "peseta" per superare la crisi.
Invece questa crisi ha messo a nudo i limiti di un modello basato sulla "old economy" fortemente "labour intensive". Per questo, per superare la cultura conservatrice del paese, urgono riforme strutturali a tutti i livelli: sociale, economico-produttivo, educativo. Riforme che il paese ha i mezzi per varare, potendo contare sulle basi di un sistema sanitario e di un sistema pensionistico solidi, garanti del benessere sociale.

Zapatero ha intuito che la fase di stallo non può continuare e che è urgente rimodernare il paese. I tempi sono però lunghi: c'è bisogno infatti di ripianare l'attuale situazione, che prenderà i prossimi due anni di quel che resta della legioslatura, ma anche e soprattutto del consenso politico. E questo è lo scoglio principale da superare.

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DOSSIER / Il caso Grecia

 

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