Il via con un faccia a faccia tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi in serata ad Arcore. Poi, nei prossimi giorni, l'atteso incontro tra il premier e Gianfranco Fini che, dopo le elezioni, ritornano al dialogo con l'obiettivo delle riforme. Finita la settimana dell'analisi post-voto, arriva, però, anche il momento di passare alla "cassa".

Il confronto interno alla maggioranza in vista dell'annunciata stagione di riforme istituzionali è iniziato intorno alle 20.30 a villa San Martino dopo un fitto viavai di auto blu e di un paio di elicotteri. Al centro della discussione tra il leader della Lega e il premier, accompagnati dai relativi stati maggiori, c'è la ricerca di un complesso equilibrio tra federalismo, semipresidenzialismo alla francese e riforma della giustizia. Una partita che passa anche per un inevitabile mini rimpasto di governo reso necessario dall'elezione del ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia, alla presidenza della Regione Veneto.

Il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, e Sandro Bondi sono stati tra i primi a varcare i cancelli della casa del premier. Per la Lega i puntuali sono stati invece il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, e Renzo Bossi, figlio di Umberto, appena eletto consigliere regionale in Lombardia. Tra gli ultimi ad arrivare, dopo le 21, il ministro della Difesa e coordinatore del Pdl Ignazio La Russa.

Secondo quanto si apprende la tavolo di villa San Martino siedono per la cena oltre allo stesso Umberto Bossi anche il neo presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e il sottosegretario pidiellino, Aldo Brancher.

Come annunciato nelle ultime ore da diversi esponenti del Carroccio, la Lega cercherà di capitalizzare il più possibile la recente vittoria elettorale e chiederà di guidare una sorta di 'cabina di regia' delle riforme che avrà tra i primi punti in agenda il taglio del numero di parlamentari. Tra gli argomenti in discussione c'è però la formazione delle giunte regionali appena rinnovate e il possibile avvicendamento tra Zaia e un esponente del Pdl al ministero delle Politiche agricole.

Bossi rivendica questo dicastero per il suo partito e sembra che abbia già scelto chi sarà il neo-ministro: il capogruppo al Senato, Federico Bricolo. Insomma, dalle parti del Carroccio non si pensa ad alcuna concessione al Pdl e in particolare alla staffetta tra Giancarlo Galan e Luca Zaia che, appunto, si scambierebbero i rispettivi ex incarichi. Alle resistenze della Lega – che si sente l'unica vincente di questo voto regionale – ha risposto Ignazio La Russa che era stato piuttosto brusco dando l'idea, appunto, che la competition tra i due partiti fosse già diventata tensione. «I leghisti devono rispettare i patti ed essere meno avidi. E i patti – ha detto in un'intervista La Russa – sono che il sindaco di Milano e il ministero dell'Agricoltura spettano al Pdl».

Se le riforme dovranno cadere in questo contesto di fibrillazioni, si capisce la cautela di Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl: «Per aprire un confronto serio sulle riforme istituzionali bisognerà tenere conto della linea che sta definendo il Pdl e che deve portare a una posizione comune del centro-destra, attraverso un confronto con la Lega». E trovare questa linea comune non sarà facile soprattutto se sul tavolo, oltre le riforme ci sarà pure la giustizia. «Una volta definita la linea, è ovvio va aperto un confronto con l'Udc e il Pd», diceva sempre Cicchitto.
Ma nel Pd le divisioni resistono a tutti i livelli: sia tra chi è contrario al dialogo tout court e chi vuole aprire un confronto ma non sul presidenzialismo – come Enrico Letta (si veda Il Sole 24 Ore di domenica scorsa) – sia chi invece – come i veltroniani – ritengono che comunque bisogna andare al tavolo con una proposta targata Pd su cui dare battaglia in Parlamento e nel paese.

E sul merito le distanze sono perfino maggiori anche se la decisione sarà affidata alla Direzione e assemblea nazionale con un voto a maggioranza. A puntare molto a un dialogo con l'opposizione è l'area finiana: ancora due giorni fa il viceministro Adolfo Urso, segretario generale della Fondazione Farefuturo, insisteva nel dire che «la proposta del centro-destra deve essere aperta al confronto con l'opposizione, nella speranza che questa si liberi davvero dai diktat dei massimalisti». Ma Pierluigi Bersani ripete quello che ha già mandato a dire al premier: «Le riforme si fanno se si mette il Parlamento in grado di funzionare» e quindi con un'inversione di marcia rispetto ai voti di fiducia e decreti che hanno bloccato l'attività delle Camere.

Nel menù di Berlusconi-Bossi già oggi ci saranno le riforme e il posto vacante all'Agricoltura ma senza tralasciare i contenuti dell'intervista di Roberto Calderoli al Sole 24 ore di domenica in cui lanciava Berlusconi al Quirinale e «un leghista o un amico della Lega» a palazzo Chigi. Tutto nel 2013. Intanto, l'Italia dei valori non si fa mancare una polemica anche il lunedì dopo Pasqua. Questa volta è Felice Belisario, presidente dei senatori Idv, a rispondere a Cicchitto "reo" di aver escluso il suo partito tra quelli con cui dialogare: «Nessuna forza parlamentare può essere esclusa dal confronto. Cicchitto impari le regole della democrazia».

Il Punto / Le contraddizioni nei due poli che preparano il confronto (di Stefano Folli)
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