L'endorsement del titolare della Difesa, Ignazio La Russa, («ha tutti i requisiti per poter ricoprire questo ruolo») non è bastato. Così Paolo Romani, viceministro dello Sviluppo economico, dovrà attendere ancora prima di prendere (forse) il posto del dimissionario Claudio Scajola.

Silvio Berlusconi, che ha assunto intanto l'interim del dicastero, sarebbe intenzionato a promuoverlo a breve. Ma, sulla strada che conduce Romani alla guida del ministero di via Veneto, è sorto un ostacolo imprevisto. Perché la Lega, che ha già rinunciato all'Agricoltura per far posto a un esponente del Pdl (l'ex governatore veneto Giancarlo Galan), ha chiesto la poltrona di vice. Cui spetterebbero, se Romani fosse promosso ministro, deleghe "pesanti", come quelle sull'industria e il nucleare, visto che la comunicazione rimarrebbe comunque nelle mani dell'ex azzurro.

Un vice di peso, quindi. Che, se davvero finisse al Carroccio, potrebbe però suscitare parecchi mal di pancia dentro il Pdl e offrire nuovi spunti di polemica a Fini e ai suoi uomini, che hanno più volte denunciato l'eccessivo sbilanciamento del partito del Cavaliere sull'asse leghista. Berlusconi deve dunque risolvere un dilemma non da poco: ricompensare il Senatur accordandogli quanto richiesto, ma con il rischio concreto di sollevare una rivolta tra gli ex azzurri, oppure mantenere gli equilibri attuali, lasciando ministro e vice sotto il controllo dei suoi uomini. Intanto, però, proprio dal Carroccio arriva qualche indicazione sul possibile identikit del futuro ministro. «L'unica certezza è che al posto di Scajola non ci andrà un tecnico: siamo un governo politico e il ministro lo farà un politico. Il bipolarismo impone che la politica si assuma la sua responsabilità», spiega il ministro leghista Roberto Calderoli che ha poi stoppato le voci di un presunto interesse della Lega per la poltrona di viceministro. «Sono tutte sciocchezze».

A ogni modo la scelta del Cavaliere non è semplice. Per questo Berlusconi ha deciso di temporeggiare e di non affrontare l'argomento in Consiglio dei ministri. Limitandosi a sottolineare, secondo quanto riferiscono i presenti, che non è il momento di parlare della successione. Tanto più che le fibrillazioni interne al Pdl non accennano a diminuire. E oggi a gettare nuova benzina sul fuoco ci ha pensato il vicepresidente dei senatori pidiellini, Gaetano Quagliariello. Che, in una intervista al "Tempo", ha piantato un paletto alle presenze televisive degli esponenti della minoranza finiana. «Nessuno nega che si sia creata una dissidenza all'interno del Pdl e che lo scontro tra Fini e Berlusconi sia avvenuto. Non possiamo pensare però che da adesso in avanti diventi un'abitudine che due persone elette tra le file dello stesso partito vengano invitate nei salotti del piccolo schermo in quanto portatori di due posizioni diverse».

Come dire: uno basta e avanza. Ma la sortita non è piaciuta ai diretti interessati. A partire da Carmelo Briguglio che ironizza sull'invito di Quagliariello. «Che vogliamo fare? Mandare alle redazioni un documento del partito perché si uniformino?». Mentre Italo Bocchino è più netto. «In linea di principio Quagliariello ha anche ragione, ma chi decide poi chi va in tv? Al momento mi sembra che manchino le regole per stabilirlo».

Di sicuro, però, se fosse per il Cavaliere bisognerebbe proprio chiudere la trasmissione di Serena Dandini "Parla con me". Talmente indigesta a Berlusconi da averne sollecitato nuove critiche nel corso del Consiglio dei ministri di oggi. «Avete visto, è veramente incredibile come un servizio pubblico possa continuare in queste aggressioni».

Bossi: a noi il ministero di Galan
Bertolaso sull'inchiesta G-8: «Speravo in un'archiviazione»

 

Shopping24