Era una trappola, un'imboscata studiata ad arte quella nella quale sono caduti i nostri soldati a Kabul. Tanto che i parà superstiti dopo l'esplosione sarebbero stati colpiti anche da armi leggere. E avrebbero risposto al fuoco. Quella consumata in pieno centro a Kabul sarebbe stata una battaglia durata alcuni minuti.
È quanto emerge dal racconto del caporalmaggiore capo Ferdinando Buono, uno dei sopravvissuti, alla moglie. «Mi ha detto - spiega la signora Anna Buono - che quando lui e gli altri feriti stavano faticosamente liberandosi dalle lamiere sono sbucati degli uomini che hanno esploso contro di loro dei colpi di arma da fuoco. Ferdinando è riuscito a recuperare una pistola, i militari hanno risposto al fuoco e gli aggressori si sono dileguati, mentre sul posto giungeva la polizia afghana».
La circostanza della sparatoria viene riferita anche da alcune persone che si trovavano in prossimità del luogo dell'attentato: un giornalista della Bbc e un diplomatico hanno detto di aver «ascoltato chiaramente gli spari» a qualche centinaia di metri di distanza, anche se non hanno visto direttamente l'episodio.
È una versione che un portavoce della missione Isaf, il colonnello Fabio Mattiassi, interpellato dall'agenzia Ansa, definisce plausibile.
«Su questa vicenda è in corso una inchiesta giudiziaria della magistratura - ha indicato Mattiassi - ma anche un'altra militare di Isaf che è di carattere tecnico-tattica e che deve determinare cosa è successo esattamente quel giorno».
«Non abbiamo ancora una risposta certa - ha proseguito - e le domande che aspettano una risposta sono numerose. Tutto questo - ha sottolineato il colonnello Mattiassi - è studiato attentamente da Isaf per comprendere la dinamica dell'accaduto e preparare futuri scenari in modo da prevenire altre possibili vittime». Ancora deve essere chiarito se si è trattato di un'autobomba guidata da un kamikaze o di un veicolo fermo sul bordo della strada.