Salvare la Grecia: Mission impossible? No, non per George Papandreou che si prepara fin da piccolo all'incarico di governare il paese, salvarlo dai suoi ricorrenti eccessi e traghettarlo verso l'Europa. Nell'intervista concessa al Sole 24 ore nel corso del Forum di Davos il 29 gennaio scorso il premier greco George Papandreou, 58 anni, si era detto pronto ad affrontare le sfide internazionali sulle voci di default («non chiederamo né aiuti né salvataggi ma solidarietà») mentre accusava la speculazione di voler orchestrare un attacco contro la zona euro, «di cui la Grecia è l'anello debole». Poi Papandreou aveva volato alto. La «democrazia è in trappola», la politica deve ritrovare la supremazia sull'economia, prima le regole e poi i mercati.

Non solo. Papandreou vuole riformare anche il socialismo, visto che da presidente dell'Internazionale chiede di tornare a un socialismo più vicino alla gente, una sorta di socialismo.2, come un web.2, più trasparente, meno elitario e dogmatico, più simile alla terza via di Anthony Giddens della London School of Economics dove ha insegnato anche George Papaconstantinou, il suo ministero delle Finanze che lo accompagna come un'ombra.

Ma chi è davvero Papandreou, la terza generazione della famiglia che siede sul seggio più alto del paese in un momento difficile come sotto l'Acropoli non si vedeva da 50 anni? Il tema della difesa della sovranità nazionale in un duello epico contro gli speculatori e gli errori del passato, è una storia-tragedia che spacca in due i greci, popolo mediterraneo capace di slanci generosi proprio quando si è vicini al precipizio e chiamati a sostenere (o a opporsi) al vincitore delle elezioni di ottobre, il socialista Papandreou, erede di una delle due famiglie (l'altra è quella dei Karamanlis) che hanno dominato la politica ellenica nell'ultimo mezzo secolo. George, nato da mamma americana nel Minnesota, è la terza generazione socialista dopo il nonno Gheorghios e il padre Andreas, tutti primi ministri.

Papandreou, ex ministro degli Esteri, ha da sempre sentito sulle sue spalle il peso delle due figure più importanti del Pasok, che lo hanno preceduto. E Papandreou conosciuto come l'americano, per non confonderlo con il nonno Gheorghios, scomparso agli arresti domiciliari nel 1968 dopo il putch dei militari, e per distinguerlo dal padre Andreas (morto nel '96), premier, populista, grande dialettico, un leader molto amato dalla base socialista del Pasok. George ha voluto subito allontanarsi dalla vivace e ingombrante eredità politica del padre. Lui ha un carattere freddo, ponderato, con un sorriso gentile e un tono mai sopra le righe. Rispettoso dell'opinione dell'altro, uno sguardo attento, uno studioso, l'esatto opposto del padre, con il quale non era molto in sintonia. Papandreou ha studiato in Svezia, Stati Uniti, Gran Bretagna, e la stampa greca nazionalista spesso ricorda come George l'americano parli greco con un accento straniero. Una dote che oggi che il premier si deve confrontare con banchieri internazionali, politici del mondo anglosassone e presidente degli Stati Uniti Barack Obama gli è tornata utile.

Papandreou vuole riformare il paese puntando sullo snellimento dell'apparato pubblico, sull'economia verde, combattendo l'evasione fiscale e la corruzione. È un programma da riformista nordico in pieno Mediterraneo, da figlio di padre greco e madre wasp americana.
Una scommessa difficile ma anche lui, come il padre, ha la stessa determinazione politica e la visione di un grande statista. Vuole ancorare saldamente la Grecia in Europa, riformare il sistema educativo oggi a pezzi, dare efficienza all'azione di governo, rompere con il nepotismo e la corruzione, i due veri bubboni del paese.

Papandreou è americano nello stile ma assolutamente europeo sui fondamentali della giustizia sociale (scuola e sanità) e sul premio del merito indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza o dal censo: con la maggior disoccupazione giovanile dell'Europa (16%) e il movimento anarchico più estremista in casa vuole dare un futuro alla migliore gioventù greca, quello che finora è stata costretta ad emigrare per emergere. La crisi può diventare un'opportunità di svolta. Papandreou ci crede.

 

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