L'associazionismo intende giocare da protagonista nella lotta alla povertà e, per farlo, è pronto ad affiancare i comuni nella gestione dei servizi, a cominciare dall'erogazione di una social card tutta nuova, con caratteristiche e potenzialità rafforzate. É questa l'idea di base su cui le Acli, Associazioni cristiane dei lavoratori, una delle organizzazioni no profit più radicate sul territorio, con quasi un milione di iscritti, hanno costruito la proposta di un piano triennale contro la povertà assoluta che, con un costo di 665 milioni di euro l'anno, dovrebbe consentire un incremento medio del 23% del reddito delle famiglie beneficiarie.
Il progetto, elaborato da un gruppo di esperti coordinati da Cristiano Gori, docente di politiche sociali all'università Cattolica di Milano, è stato anticipato in aprile in occasione della conferenza organizzativa dell'organizzazione e sarà presentato entro la fine del mese corrente alle autorità politiche e alle parti sociali.
«Ci eravamo assunti l'impegno di avanzare proposte concrete nell'anno europeo per la lotta alla povertà - spiega il presidente delle Acli, Andrea Olivero - e, con il lancio della nuova social card, ora proviamo a farlo, in una logica di welfare locale e sussidiario, perfettamente in linea con la riforma federalista dello Stato». «D'altra parte - aggiunge - sui poveri in Italia c'è un allarmante vuoto di rappresentanza; la politica è tradizionalmente disattenta e, al netto delle sperimentazioni e degli interventi di alcune Regioni, proprio la social card, pur con tutti i suoi limiti, è stata finora l'unica misura di contrasto a livello nazionale».
Le principali caratteristiche del piano Acli sono tre. La prima riguarda gli importi, che dovrebbero salire in media a 133 euro mensili contro i 40 attuali, con un costo progressivo di 665 milioni l'anno per tre anni, dal 2011 al 2013. La seconda riguarda l'abolizione del limite di età e di ogni preclusione verso i cittadini stranieri stabilmente residenti: il che farebbe crescere il numero dei potenziali destinatari fino a due milioni e 400mila. La terza novità, infine, riguarda l'integrazione della prestazione monetaria con i servizi alla persona gestiti dai comuni.
Altro elemento di rilievo è la previsione di soglie d'accesso e importi differenziati in base al costo della vita nelle diverse regioni. Come ricorda lo studio preparatorio, «il carovita al Nord è superiore in media del 30% rispetto al Sud e, contrariamente a un diffuso luogo comune, la povertà assoluta si presenta in misura significativa anche al di fuori del Mezzogiorno», anzi «le famiglie in questa condizione si dividono in egual misura tra Centro-Nord e Sud».
«La nuova social card – riassume Olivero – si configura come il primo tassello di un livello essenziale dei diritti sociali. Anche il futuro assetto federalista dello stato, infatti, avrà bisogno che siano assicurati diritti di base uguali per tutti». La card, così, potrebbe diventare lo strumento d'elezione per abbinare l'erogazione monetaria di integrazione al reddito con le prestazioni sociali del nuovo welfare.