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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2013 alle ore 13:51.

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I mutui latitano ma le banche abbiano più coraggio



Mi chiamo Andrea Bucci, sono un giovane imprenditore di Pescara. In questi mesi incontro grandi difficoltà per accedere a un mutuo. Guido una piccola impresa edile che ha acquistato un terreno per costruire tre abitazioni. Dopo aver bussato a 18 banche della mia città, mi sono visto negare da tutte il mutuo pur avendo portato a garanzia: un reddito fisso da lavoro dipendente (a tempo indeterminato),un compromesso (su tre abitazioni da vendere), altri immobili di proprietà, un familiare garante. Non sono "protestato" e vengo da una solida famiglia di costruttori. Capisco il momento di crisi generale e fortunatamente posso anche aspettare che le cose cambino. La crisi è partita dalle banche e dalle banche bisogna ripartire, devono finanziare le imprese, solo così mercato e lavoro possono riprendersi, magari con un accordo tra banche e Pmi.
Andrea Bucci
Troppi schiaffi ai più piccoli
Chi lavora in una microimpresa ha, da sempre, meno diritti e tutele di chi lavora nella media-grande impresa: oggi se sei licenziato, non hai il diritto alla mobilità né alla cassa integrazione. Se vuoi fare l'apprendista, ti aspetta un calvario inaccessibile che scoraggia chi non ha organizzazioni alle spalle. Il credito più caro e meno disponibile, i pagamenti fatti per ultimi, la burocrazia e le tasse insostenibili hanno distrutto il 3% delle microimprese. Le misure di correzione dei conti pubblici adottate hanno avuto un effetto negativo soprattutto per i piccoli, consumatori, lavoratori, imprenditori. Si parla troppo poco in questa campagna elettorale dei problemi concreti che i piccoli incontrano. Eppure i partiti dovrebbero sapere che sono i piccoli a tenere in piedi l'economia del Paese.
Francesco Tamburella
Coordinamento Microimprese
per la tutela e l'assistenza
Il Pd si faccia sentire
Avevo sperato, dopo l'esperienza delle Primarie del Pd, che questa campagna elettorale sarebbe stata diversa. E mi sbagliavo. L'Italia è sempre sull'orlo del burrone, la sua credibilità internazionale sotto osservazione. Eppure, non siamo sufficientemente coscienziosi, noi e i politici che aspirano a un seggio, per costruire una campagna elettorale di programmi e confronti. Mi stupisce il comportamento del Pd. Il partito di Bersani non partecipa al dibattito, se ne sta silente quasi avesse già vinto. Eppure assistiamo a continui cabaret, ma il Pd è ai margini. Se va avanti così, il centrosinistra vedrà erodere il vantaggio di cui parlano i sondaggi. Dopo i dibattiti fra Renzi e Bersani, il partito si è chiuso su se stesso, come se il dibattito non fosse più necessario. Lo è, per provare a dialogare con le forze riformatrici che ci sono ancora in Italia.
Lettera firmata
I magistrati in politica
La partecipazione dei magistrati in politica è un'anomalia di questo bizzarro Paese, non credo vi sia qualcosa di analogo in Europa. Scendono (o salgono) in politica, fondano partiti con il personalismo del loro nome. In Parlamento i magistrati abbondano. Domani con quale coerenza torneranno in magistratura? Un magistrato indaga sui cittadini e può ipotecarne vita, patrimonio e carriera lavorativa. Non dovrebbe dichiarare alcun indirizzo politico, pur restando fermi i convincimenti personali.
Fabio Baldrati
Alfonsine (RA)
Rischio Grecia per il Parlamento
Tutti stanno facendo i conti senza l'oste: non è l'astensionismo che si annuncia elevato. Comunque vada, nessuna formazione politica, a meno di sorprese particolari, riuscirà ad arrivare da sola ad avere la maggioranza in Parlamento. Ci sarà la solita necessità di coalizzarsi per raggiungere il 51% che consente di governare. Fin qui nulla di nuovo. Tranne il fatto che quando ci hanno provato in Grecia l'anno scorso, di maggioranze che dessero un minimo di parvenza di stabilità non ne non sono uscite. Allora si è tornati alle urne. Nessuno tra i partecipanti a queste elezioni ha mai pensato a questa possibilità, al rischio di tornare a votare in autunno. Il tutto è complicato dal termine del mandato presidenziale, eleggere una carica connotata da una stabilità settennale come quella, con i voti di un
Parlamento "posticcio" sarebbe una
soluzione discutibile.
Anna Mosene

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