«Non esiste la sconfinata prateria di internet dove tutto è permesso e niente è vietato». Questo è uno dei passaggi più significativi delle 111 pagine con cui il giudice di Milano Oscar Magi ha condannato per violazione della privacy tre dirigenti di Google in relazione a un video - caricato sul noto motore di ricerca - che vedeva un minore disabile insultato da alcuni compagni di scuola. «Esistono leggi che codificano comportamenti e che creano degli obblighi; obblighi che, ove non rispettati, conducono al riconoscimento di una penale responsabilità» scrive il giudice.

Sono diversi gli argomenti utilizzati dal magistrato nel motivare la sentenza del 24 febbraio scorso. Una condanna che, non avendo precedenti, aveva fatto il giro del mondo. Tra questi c'è in particolare la scarsa visibilità dell'informativa sulla privacy su Google Video. Secondo il giudice, era «talmente nascosta nelle condizioni generali di contratto, da risultare assolutamente inefficace per i fini previsti dalla legge».

Il reato di violazione della privacy secondo il giudice, sarebbe poi stato commesso in parte anche «negli Stati Uniti d'America, luogo ove hanno indubitabilmente sede i server». Il giudice ha però spiegato che la «competenza per territorio» è di Milano, perchè il reato è stato consumato «perlomeno in parte» in Italia.

Il 24 febbraio scorso tre dirigenti di Google vennero condannati a sei mesi, con la sospensione condizionale della pena, per violazione della privacy, mentre vennero assolti dal reato contestato di diffamazione. Un quarto dirigente, accusato solo di diffamazione, venne assolto. Al centro del processo, c'era un video che mostrava un ragazzino disabile insultato e picchiato da alcuni compagni di scuola di un istituto tecnico di Torino. Il filmato venne realizzato dagli studenti nel maggio 2006 e da loro caricato su Google Video l'8 settembre, dove rimase cliccatissimo per circa due mesi.

La condanna dei tre dirigenti era stata criticata duramente dall'ambasciata Usa a Roma, la quale aveva sostenuto che «il principio fondamentale della libertà di internet è vitale per le democrazie». Disappunto per la sentenza era stato espresso anche dal Dipartimento di Stato americano.

Il testo della sentenza / 1
Il testo della sentenza / 2
Tre dirigenti Google condannati

 

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