A vedere i suoi film forse non lo direste, ma David Lynch pratica la meditazione trascendentale costantemente, da oltre 30 anni. Nel 2006 ha dato alle stampe il libro "In acque profonde" che descrive le sue esperienze con le pratiche divulgate da Maharishi Manesh Yogi. Certo, la tranquillità di un ashram indiano non è la prima immagine che salta alla mente quando si guarda una delle sue pellicole. Inquietante, visionario, con lui lo spettatore finisce, di solito, in un mondo percorso da forze sotterranee, occulte, dove nulla è davvero come sembra.

E poi un scopriamo che medita da una vita, che è amico di Donovan. Che il suo prossimo film, pare, sarà un documentario proprio su Maharishi, da poco scomparso e famoso per essere stato, tra l'altro, il guru dei Beatles. A raccontarla così sembrerebbe quasi la biografia di un hippy…
Ma la contraddizione esiste solo in apparenza. Oppure, una personalità complessa come quella di Lynch non può essere monolitica. Vedetela come vi pare, in fondo sono solo diversi tasselli del mosaico che compone questa enigmatica e affascinante figura. Poliedrico per vocazione, David non è solo un regista. Dipinge, suona, compone musica. Ha perfino realizzato una striscia umoristica uscita su diverse riviste underground tra gli '80 e '90, "The angriest dog in the world".

«Le idee sono simili a pesci- spiega Lynch parlando del rapporto tra meditazione e creatività -Se vuoi prendere un pesce piccolo puoi restare nell'acqua bassa. Se vuoi prendere il pesce grosso devi scendere in acque profonde». Di certo, lui deve essersi avventurato in abissi lontanissimi perché i pesci che ha pescato, in oltre trent'anni di attività, sono davvero enormi. Da "I segreti di Twin Peaks" a "Strade perdute", da "Elephant Man" a "Cuore selvaggio", da "Velluto Blu" a "Mulholland Drive". E pensare che da ragazzino, nemmeno ci pensava a mettersi dietro la macchina da presa.

Nato a Missoula nel Montana, il 20 gennaio del ‘46, negli anni dell'adolescenza David sognava di diventare un pittore. Per questo frequentò una scuola d'arte a Washington. Soltanto dopo un deludente viaggio in Europa (che doveva durare anni e si concluse dopo 15 giorni) e dopo essersi iscritto alla Pennsylvania Academy of Fine Arts per continuare a dipingere, realizzò, nel '67, il suo primo cortometraggio. Si intitolava Six Figures e durava appena un minuto.
Per iniziare a girare un film vero e proprio, tuttavia, dovette aspettare fino al 1972. Ma la prima di Eraserhead ci fu solo nel '77, ben 5 anni dopo l'inizio delle riprese portate avanti dal giovane autore tra mille difficoltà finanziarie. La pellicola, enigmatica e difficile, con gli anni diventerà un cult. Un certo successo, soprattutto di critica, però, lo ottenne subito tanto da consentire a Lynch di dedicarsi al suo primo progetto ambizioso, quell' "Elephant Man" che ottenne diverse nomination all'Oscar.

Nel 1984 David, che aveva tra l'altro rifiutato di occuparsi della regia del terzo capitolo di Star Wars, si imbarcò nella lavorazione di "Dune". La pellicola fu un fiasco al botteghino e lasciò insoddisfatto lo stesso regista.

Da quel momento in poi, Lynch non sbagliò più un colpo. Non tanto e non solo da un punto di vista degli incassi, quanto perché realizzò una serie di film tutti contrassegnati da un inconfondibile marchio di fabbrica che gli procurò una folta schiera di devoti ammiratori e un posto d'onore nella storia del cinema. Da "Velluto Blu" con Isabella Rossellini a "Cuore Selvaggio" vincitore della Palma d'oro a Cannes nel '90. Da "Strade perdute" a "Una storia vera", passando per il leggendario "Twin Peaks", oggetto di un culto ancora oggi vivissimo. Fino agli ultimi lavori, come "Mulholand drive" e "Inland Empire", ogni film di Lynch, premiato tra l'altro a Venezia nel 2006 con un Leone d'oro alla carriera, è stato un evento.

D'altra parte, Stanley Kubrick in persona aveva dichiarato la sua ammirazione per quest'uomo del Montana. Un autore geniale che nei suoi film ha cercato di riprodurre la sintassi dei sogni, creando un suo particolare universo surreale, fatto di un susseguirsi di immagini che non necessariamente seguono le leggi della logica e la razionalità. Un mondo nel quale le inquietudini sepolte nell'inconscio possono riaffiorare da un momento all'altro, con maschere minacciose e, molte volte, inspiegabili. Ma il fascino dei suoi film sta anche nella straordinaria bellezza visiva, nella cura per la fotografia che contribuiscono a trasportare lo spettatore in uno spazio magico e onirico. Forse, le acque profonde dove nuotano i pesci grossi di Lynch.

Curiosità e omaggi ad una leggenda lunga 20 anni

 

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