Il tam tam è partito ieri mattina, sul presto: i big della Hershey saranno ad Alba nei prossimi giorni per definire con la famiglia Ferrero l'offerta per Cadbury. Un'idea geniale portare gli americani in Langa: tartufi bianchi e barolo limano i punti di frizione e, particolare non trascurabile, allentano la tensione contrattuale di chi, come i dirigenti Hershey, è poco avvezzo alla carne cruda all'albese (carne, olio, limone e aglio, nella versione classica) o ai bunet alla nocciola.
È bastata questa voce per aprire la discussione su un tema fondamentale per gli albesi: dove andranno a mangiare gli americani? E a dormire? Perché gli albesi sono gente concreta, poco interessata alle alchimie finanziarie o ai valori dell'Ebitda, ma attenti all'ospitalità e al bon vivre. Per il dormire non c'è grande scelta, visto che Alba non ha alberghi di lusso: le uniche alternative sono il relais del vecchio convento di Santo Stefano Belbo, il cinque stelle Boscareto di Serralunga o villa Beccaris di Monforte. Ma i centralini di questi centri di lusso cadono dalle nuvole quando chiedi della «Hershey's delegation». Nessuna traccia dell'arrivo degli americani.
D'altra parte non è immaginabile che in pochi giorni, pur con i potenti mezzi della famiglia Ferrero, sia possibile trovare spazio in un resort adeguato per una delegazione, più o meno folta, di manager americani nel periodo di altissima stagione enogastronomica.
Tanto è che Carlo De Benedetti ha dovuto prenotare-requisire con mesi di anticipo villa Beccaris (la vecchia casa del generale che nel 1898 usò i cannoni per disperdere i manifestanti di Milano: anche i monfortini sono gente molto concreta) per festeggiare, sabato scorso, i suoi 75 anni con un festa con inviti limitati a parenti e una ristretta cerchia di Vip.
Nessuna traccia di delegazioni americane neanche nei ristoranti. Cercare l'indirizzo giusto, in questo caso, è una partita persa da subito: troppi posti caratteristici, troppe trattorie di alto livello, sarebbe come cercare un ago nel pagliaio. In città non si sono visti movimenti strani, a parte la solita folla al mercato (qualche centinaio di bancarelle sparse tra via Vittorio Emanuele e via Cavour, perlopiù di abbigliamento) e i turisti - quasi tutti di lingua tedesca - alle prese con i tartufai nel cortile della biblioteca civica Giovanni Ferrero o nei negozi di gastronomia, come il centralissmo Ponzio (101,50 euro per un tartufo bianco di 29 grammi, 145 euro per una bottiglia di Sperss di Gaia e "solo" 53 per un barolo di Conterno Fantino). E neanche la presenza ad Alba del regista americano Francis Ford Coppola, premiato venerdì sera con il tartufo dell'anno, ha scosso più di tanto la città.
Ospitalità a parte, la faccenda Cadbury appassiona poco gli albesi. Il motivo è semplice: c'è una fortissima (quasi innaturale) fiducia nel grande capo della famiglia che tutti, ma proprio tutti, chiamano il signor Michele. Di lui apprezzano la genialità e l'attaccamento all'azienda, caratterizzato per decenni da un ritmo di lavoro pazzesco: lunedì a Montecarlo, martedì a Pino Torinese, mercoledì ad Alba, giovedì e venerdì a Lussemburgo, week end a Montecarlo, dove ha la villa vicino al casinò. Quasi sempre in elicottero, con tanto di pista a Pino Torinese e nello stabilimento albese. Ora, a 85 anni suonati, con un po' di maculopatia, il signor Michele continua a seguire i prodotti nel centro ricerche che si è fatto costruire a Montecarlo, con la consueta attenzione che rasenta (o supera) la maniacalità. E anche se ad Alba (dove vive il figlio Pietro in una villa di collina, tra la città e Altavilla, mentre il fratello Giovanni abita a Bruxelles) ormai si vede poco, la gente continua a ripetere: «Se il signor Michele farà l'accordo, vuol dire che c'è convenienza. E se va bene a lui, va bene a noi».
Tutti d'accordo su questo, anche i sindacati (i 4.475 dipedenti albesi hanno appena rieletto i rappresentanti delle Rsu, con una sostanziale parità tra le tre sigle confederali, otto delegati a testa): «Abbiamo la massima fiducia - assicura Andrea Brignolo, della Uil di Alba - nell'azienda e nella famiglia Ferrero. C'è un rapporto che va al di là del semplice rapporto dipendente-azienda e i lavoratori hanno dimostrato il loro attaccamento quando hanno ripulito a tempo di record gli stabilimenti dopo l'alluvione del novembre '94. Tre metri di acqua c'erano, un disastro. Ma nessuno si è tirato indietro».
Ma l'accordo si farà? Bruno Ceretto, nome storico dei vini albesi, 25 milioni di fatturato realizzati con 1,5 milioni di bottiglie, una trattoria e un ristorante in pieno centro (frequentata da Pietro Ferrero e dai manager dell'azienda), un torronificio e una nuova attività nelle nocciole, Quatordes (il diametro perfetto della tonda gentile Igp è, appunto, 14 millimetri), non ha dubbi: «L'affare lo devono fare. La nostra è una terra di sfide e la Ferrero ha tutti i mezzi e le capacità per rimettere a posto Cadbury. Adesso la Ferrero è al quarto posto in Europa, ma sul podio salgono solo i primi tre. E noi vogliamo sentire l'inno langarolo in queste olimpiadi dei dolci».
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