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Niente violenza ma la rabbia disperata dei giovani non deve stupirci

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2010 alle ore 09:01.
L'ultima modifica è del 21 dicembre 2010 alle ore 09:20.

In una valle remota del Pakistan vive una delle ultime società di discendenti diretti di indo-europei, quegli stessi da cui discendiamo noi. Sono montanari, pastori e agricoltori. In questo periodo celebrano il solstizio d'inverno, quello che noi chiamiamo Natale. È una festa in cui i giovani vengono iniziati alla vita adulta. Sapete come lo fanno? Vanno in giro per i villaggi kalasha (questo è il nome della comunità) e urlano agli adulti e agli anziani: «Gente di Guru/andate a farvi fottere!/gridiamolo forte/gente di Bashalidata, andate a farvi fottere!» e lanciano pietre contro le case.

È un rito annuale dove gli adulti accettano che la società per rinnovarsi abbia bisogno della rabbia dei giovani, della loro voglia di palingenesi. Le società, ci racconta Augusto Cacopardo, l'antropologo italiano che è stato tra i kalasha e ha scritto un resoconto del loro Natale (Natale pagano, Sellerio, 2010), si reggono fin quando il contrasto tra giovani e vecchi viene accettato come molla del rinnovamento.

La piazza è l'unico ambito pubblico rimasto ai giovani
Si potrebbe leggere quello che sta avvenendo in Italia e in tutta Europa, lo scontento dei giovani, il loro scendere in piazza come una maniera vera di celebrare il Natale. Le società muoiono di asfissia, di mummificazione, di incapacità di creare nuove idee, oggetti, eventi, soluzioni se non accettano di essere sommerse dall'onda della rinascita rappresentata dai bambini, dagli adolescenti e dai giovani. Essi non avranno mai l'accesso alla dirigenza della società in cui vivono, bloccato dalle mummie che in questo momento ne occupano tutti gli spazi. Mi stupisce che i giornali italiani si chiedano il significato di questo tornare in piazza, come se la piazza non fosse rimasta l'unico ambito pubblico lasciato ai giovani, laddove gli ambiti rappresentativi puzzano di stantio. Certo, rispetto al passato esistono le piazze virtuali, i canali di espressione del web 2.0, il pulsare ritmico dei social network. Ma resta un "discorso" tutto interno, non basta a urlare il disagio. Il fatto è che in Grecia, in Irlanda, in Francia, in Spagna, in Italia e in Inghilterra si è creduto di poter prolungare ad libitum la stanchezza noiosa delle classi dirigenti che non sono mai state rinnovate e che hanno portato l'Europa sull'orlo della bancarotta e della frattura, che hanno interpretato l'euro non come una libertà in più per le persone, ma un margine in più per le speculazioni finanziarie e immobiliari.

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Tags Correlati: Augusto Cacopardo | Beni culturali | Borsa Valori | Francia | G8 di Genova | Grecia | Inghilterra | Irlanda | Saviano | Sellerio

 

Saviano sbaglia: le piazze di queste settimane sono diverse da quelle del 77
Saviano ha ragione di scandalizzarsi della violenza, ma ha torto a pensare che queste piazze piene sono le stesse del '77 o del G-8. Qui si tratta di un'onda di tipo diverso dove la componente generazionale ha un peso che non ha mai avuto prima. Sono gli "ultimi" nostri giovani, quelli che potrebbero rinnovare dall'interno i loro paesi e ne sono estromessi. L'onda, come viene chiamata in Francia, non sembra arrestarsi perché qui è in ballo la sopravvivenza non di una sinistra o di una destra, categorie mummia, ma di una fisiologia sociale in procinto di esaurirsi per sempre. Se il meccanismo del rinnovamento non si mette in atto, ci aspetta solo l'invasione di forze esterne più vitali, siano la Cina o l'India, sia di nuovo l'America, siano le masse di giovani che dai paesi non europei premono per prendere il posto vuoto, il posto del vuoto dell'essere europei. Abbiamo un'ultima possibilità di rinnovamento interno e ci stupiamo che i giovani siano disperatamente rabbiosi ad Atene, a Roma, a Parigi, a Dublino, a Londra. Loro sanno che su di loro si gioca il destino d'Europa.

Le mummie al potere succhiano il sangue dei giovani
Nel frattempo nei nostri parlamenti la partita si gioca invece tra mummie. Ci sono le mummie al potere, quelle che sanno bene che per continuare a governare c'è bisogno di succhiare sangue fresco dei giovani. Ma che dire della sinistra mummificata? Andatevi a rileggere il bellissimo libro di Kapuscinski sul Negus, su Hailé Selassié e capirete cosa ci attende nei prossimi anni: il lento spegnimento di una classe di autocrati in un palazzo che sarà sempre più spogliato dall'interno e in un paese che sarà sempre più devastato dalla sua immobilità.

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