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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 21 agosto 2014 alle ore 07:47.

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Il mese scorso, i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno annunciato la creazione di una loro banca per lo sviluppo, che dovrebbe consentire loro di ridurre la dipendenza dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale, controllati dagli occidentali e incentrati sul dollaro. Le economie di questi Paesi potranno contare su maggiori margini di manovra e flessibilità nella politica monetaria, ma farebbero bene a non ignorare gli insegnamenti offerti dalle recenti innovazioni delle Banche centrali dei Paesi avanzati.

A giugno la Bce, seguendo l'esempio della Banca d'Inghilterra nel 2012, ha individuato come nuovo obiettivo delle sue politiche «il credito bancario per l'economia reale». Un paio di settimane dopo, la Banca d'Inghilterra ha annunciato l'introduzione di una forma di orientamento del credito tesa a limitare l'ammontare di credito usato per transazioni in beni immobiliari. Prima dello scoppio della crisi, nel 2008, queste misure sarebbero state tacciate di interventismo ingiustificato. Nel 2005, quando uno degli autori di questo articolo (Werner) raccomandò l'adozione di misure di questo tipo per prevenire "crisi bancarie ricorrenti", fu attaccato con veemenza. Ma nel marzo scorso la Banca d'Inghilterra ha riconosciuto la validità dell'osservazione fatta da lui e da altri, e cioè che erogando credito le banche di fatto creano il 97 per cento della massa monetaria.

Se si considera che un dollaro di nuovi prestiti bancari incrementa la massa monetaria di un dollaro, le banche non vanno considerate intermediari finanziari, bensì creatori di moneta. Il riconoscimento della reale funzione delle banche cambierà le regole del gioco in ambiti come la politica monetaria e la regolamentazione finanziaria, consentendo alle autorità di affrontare le crisi bancarie ricorrenti, la disoccupazione e il sottosviluppo. Ma ci vorrà del tempo perché tutto questo venga accettato, anche e soprattutto perché mette in discussione un precetto dell'economia tradizionale.

Secondo questo nuovo paradigma i risparmi sono utili ma non rappresentano un prerequisito essenziale per gli investimenti e quindi per la crescita economica. Gli Usa, che hanno sperimentato un periodo prolungato di crescita senza risparmio, lo dimostrano. In generale, la crescita economica dipende da un numero crescente di transazioni e da una quantità crescente di denaro per finanziarle. Le banche forniscono questo finanziamento erogando più credito e l'impatto di questo credito dipende da chi lo riceve. Il credito bancario per transazioni che contribuiscono al pil influenza il Pil nominale, mentre il credito bancario per investimenti nella produzione di beni e servizi produce crescita non inflazionistica.

Il problema sta nelle transazioni bancarie del genere "credito per attività", che spesso generano cicli di espansione e contrazione. Erogando quantità eccessive di questo credito, le banche gonfiano i prezzi delle attività fino a livelli insostenibili. Quando il credito inevitabilmente rallenta, i prezzi crollano. Gli speculatori arrivati tardi vanno in bancarotta e la quota dei prestiti in sofferenza nei bilanci delle banche aumenta, costringendo gli istituti a ridurre il credito. Basta un calo del 10 per cento degli attivi bancari per mandare all'aria l'intero sistema.

Se hanno chiaro questo processo, le autorità possono prendere misure per evitare future crisi bancarie e risolvere in modo più efficace le recessioni. Per cominciare, dovrebbero limitare il credito bancario per transazioni che non contribuiscono al Pil. Inoltre, nel caso di crisi, le Banche centrali dovrebbero acquistare le attività in sofferenza dalle banche al loro valore nominale, risanando i bilanci degli istituti, in cambio dell'obbligo di sottoporsi a un monitoraggio del credito. Dato che non ci sarebbe nessuna iniezione di nuova moneta nel resto dell'economia, il processo, intrapreso dalla Fed nel 2008, non genererebbe inflazione.

Per stimolare il credito bancario produttivo - e rafforzare l'efficacia della politica di bilancio, i Governi dovrebbero smettere di emettere titoli di Stato e chiedere prestiti alle banche con contratti di prestito, spesso disponibili a tassi più bassi dei rendimenti dei titoli di Stato. Questo consentirebbe di rafforzare il credito bancario e stimolare domanda, occupazione, Pil e introiti fiscali. Infine, si dovrebbe istituire una rete di piccole banche locali senza scopo di lucro con il compito di fornire servizi per tutti e prestiti a piccole e medie imprese, secondo il modello che ha puntellato la crescita e la solidità della Germania. Naturalmente, le banche multinazionali, che a lungo hanno beneficiato della percezione secondo cui i risparmi sono necessari per un'economia, probabilmente opporrebbero resistenza. Per decenni queste banche hanno venduto "risparmi esteri" a Paesi in via di sviluppo prestando a tassi di interesse alti e in valuta straniera, favorendo l'accumulo di enormi debiti esteri, spesso convertiti in azioni. In altre parole, hanno erogato un credito che dava un contributo limitato all'economia locale, prosciugandone le risorse attraverso gli interessi e l'esplosione del debito in valuta estera.

Nel momento in cui i Brics rigettano le istituzioni guidate dall'Occidente, le economie dei Paesi in via di sviluppo farebbero bene ad allontanare le banche straniere e consentire alle istituzioni finanziarie locali di creare moneta per finalità produttive. Dopo tutto, il successo dello sviluppo di Usa, Germania, Giappone e Cina è dipeso dalla creazione di credito interno per investimenti produttivi. La creazione incontrollata di moneta da parte delle grandi banche private ha generato una colossale instabilità, minando alla base il principio fondamentale che vuole la creazione di moneta funzionale al bene pubblico. Non dev'essere per forza così. Introducendo misure di salvaguardia che facciano in modo che il credito assolva a finalità produttive, le autorità possono ottenere una crescita economica senza debito, stabile e sostenibile.

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