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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2014 alle ore 08:24.
L'ultima modifica è del 27 settembre 2014 alle ore 10:08.

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L'articolo in pagina è uno stralcio dell'intervento "Carlo Azeglio Ciampi e la Banca d'Italia: un cammino durato 47 anni", che il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha tenuto ieri alla giornata di studi di Sulmona in onore del presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi.

Ciampi si qualifica come persona caratterizzata da un profondo senso delle istituzioni. È nei lunghi anni trascorsi all'interno della Banca d'Italia che trova consolidamento questo tratto distintivo della sua personalità.
Alla domanda di Arrigo Levi «In che senso l'esperienza di Governatore può considerarsi una buona preparazione per il 'mestiere' di capo dello Stato?» Ciampi risponde: «Servire la Banca d'Italia vuol dire servire, imparare a servire una grande istituzione. Quindi l'istituzione viene prima della persona. Secondo, ti insegna ad avere valori precisi, ti insegna a non accettare compromessi, ti insegna a tenere fermo il punto di fronte a chiunque prema. Ti insegna a non dipendere da nessuno, da nessun potere politico esterno» (Da Livorno al Quirinale, p. 118).
A chiarire il senso dell'autonomia della banca centrale e a rafforzare i momenti istituzionali nei quali essa dà conto del proprio operato Ciampi ha dedicato un impegno costante. Nel suo pensiero, tuttavia, assenza di condizionamenti, distinzione dalla politica non significano disinteresse, distanza dalla politica. È però singolare che uno strenuo difensore dell'autonomia della Banca centrale dalla politica abbia finito - sia pure in un contesto irripetibile - per mettere a disposizione della politica - nel suo significato più alto - la propria professionalità. Anche questo è un tratto del suo essere "al servizio" del Paese.

La passione civile di Ciampi, che emerge con tutta evidenza negli anni della guerra, della resistenza e, di nuovo, alla massima potenza, nel ricoprire la carica di presidente della Repubblica, traspare nell'azione che ha svolto con riferimento al disegno di unificazione europea. È sua opinione, mantenuta e rafforzata nel tempo, che, nel cammino fatto dall'economia italiana per partecipare a pieno titolo agli sviluppi dell'Unione economia e monetaria, tutte le volte che è stato posto davanti a scelte difficili, il Paese ha scelto la strada che porta in Europa, non quella, apparentemente più facile, che ce ne allontana.
Nel chiudere le Considerazioni finali del maggio 1988, Ciampi commentava i progressi compiuti nell'edificare una «Comunità autentica, solidale, polo di riferimento, con gli Stati Uniti e il Giappone, dell'economia mondiale» osservando: «Le grandi dispute su piccole questioni sembrano essersi placate: è ora dischiuso il pur arduo percorso verso il completamento dell'unione economica, che prepara e richiederà l'unione politica. L'agenda è impegnativa (...) Ma, per la civiltà di cui siamo parte, è l'unica via per non smarrire il filo spezzato in due guerre mondiali, riannodato da chi seppe intuire l'Europa comunitaria».

Questo pensiero tradisce lo sforzo compiuto da Ciampi, così attento alla distinzione tra le responsabilità della banca centrale e quelle proprie della politica, per non intaccare la dimensione "tecnica" del proprio argomentare anche quando parla della integrazione monetaria europea come strumento che impedirà l'esplodere di una nuova guerra. Emerge dall'insegnamento di Ciampi, nell'intero suo percorso di tecnico e di politico, una concezione profonda del valore morale intrinseco delle istituzioni che le pone nella condizione di essere doverosamente servite con impegno e abnegazione, nella ferma convinzione che, nel perimetro delle stesse, debba essere ricondotto ogni momento decisionale di rispettiva competenza.
Gli insegnamenti di Ciampi, reinterpretati, ispirano tuttora il nostro operato alla guida della Banca d'Italia; applicarli con una estensione meccanica non produrrebbe oggi gli stessi, straordinari, risultati ottenuti tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento. Il grado di specializzazione raggiunto nelle discipline economiche e la rapida obsolescenza delle conoscenze in tutti i campi del sapere, l'assunzione di nuovi compiti, fortemente accresciutisi negli ultimi anni, concorrono a definire un ambiente di lavoro diverso rispetto alla Banca di Ciampi e portano a rivedere le strategie per favorire l'interdisciplinarità e lo sviluppo di una cultura comune. Ma l'essenza del messaggio e dell'esempio di Ciampi conserva, potente, la sua validità.

Come osserva Gianni Nardozzi, dobbiamo a Ciampi qualcosa che va oltre l'economia, pur essendo per essa essenziale: una incrollabile fiducia nelle possibilità di questo Paese e della sua gente (G.Nardozzi, Il governatorato di Carlo Azeglio Ciampi (1979-1993), in Governare la moneta – La Banca d'Italia da Einaudi a Ciampi, Biblioteca della Nuova Antologia, Edizioni Polistampa, Firenze 2004, pp. 167-168). E ricordiamo quanto tenesse a richiamare un'espressione significativa di un altro suo predecessore, Donato Menichella: "Sta in noi".
È questa sua fiducia che lo ispirò ad accettare, con fatica (e posso testimoniarlo direttamente), di servire il Paese al di fuori della Banca per contribuire al superamento della difficile situazione in cui versava la nostra economia nella primavera del 1993. E fu un contributo determinante, nel quadro di un'esperienza di vita e professionale unica, pur nella consapevolezza – per usare le parole di Curzio Giannini, brillante economista della Banca prematuramente scomparso – che «la legittimazione delle banche centrali viene dalla competenza, dalla moderazione, dall'orientamento al mediolungo periodo, dal rifiuto di assumere compiti esulanti dai propri ruoli primari» (Curzio Giannini, L'età delle banche centrali, Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 460-461).

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