Helmut Kohl non dice una parola in inglese e neanche in francese, parla in tedesco, ha buttato giù il muro di Berlino e riunito un popolo. Ha imposto una tassa di solidarietà trentennale ai cittadini della Germania dell’Ovest per la ricostruzione avvenuta dell’Est, ha messo le basi per una Germania europea e non un’Europa germanica. La forza politica e la statura internazionale di Kohl sono state preziose per il suo Paese al punto da essere stato scalfito solo marginalmente dallo scandalo dei fondi neri alla Cdu. L’assenza a fasi alterne di altrettanta lungimiranza nei suoi successori pesa sulla costruzione di una Nuova Europa politica fuori dagli egoismi nazionali e da vecchi e ricorrenti feticismi.
Questa statura internazionale serve oggi a un Paese come l’Italia che vive una transizione complicata e fatica a conquistare la normalità in uno scenario mondiale con un solo vero motore che è l’America. Nel novembre del 2011 l’Italia era a un passo dal fare la fine della Grecia, oggi il destino della Nuova Europa è appeso al risultato delle elezioni greche e alla durezza o meno delle stringhe tedesche di Europa e Bce.
Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: per il Quirinale non è tempo di sperimentazioni. Lo “stato di necessità” che spinse Napolitano alla supplenza in quella fase delicatissima nessuno lo auspica, ma nulla permette di escluderlo. Per questo servono la testa e le mani esperte di un Presidente all’altezza del compito, che sappia guidare la conciliazione tra partiti e Paese reale e abbia il rispetto di chi lo vota e di chi non lo vota. Avere un Capo dello Stato di statura internazionale può aiutare a riempire quella sala vuota di Strasburgo che ha ascoltato il discorso di chiusura della presidenza di turno italiana e a raccogliere i frutti della semina di una Nuova Europa espansiva e solidale che segna la cifra più rilevante dell’impegno politico internazionale di Renzi.
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