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Dossier Rio 2016 al via con una cerimonia made in Italy da Filmmaster

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Dossier | N. 97 articoliOlimpiadi e Paralimpiadi di Rio 2016

Rio 2016 al via con una cerimonia made in Italy da Filmmaster

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A me gli occhi, dice il Brasile in questa notte da sogno. E si racconterà a miliardi di persone nel mondo grazie a un’azienda italiana, la milanese Filmmaster Events. «Siamo reduci da due prove generali e tutto è andato bene – confessa l’amministratore delegato Antonio Abete –. L’unica difficoltà è gestire al meglio il flusso degli atleti durante la sfilata perché il Maracanã non ha la pista di atletica e quindi gli spazi sono ridotti».

L’avventura brasiliana di Filmmaster inizia cinque anni fa con la creazione, in partnership con la brasiliana Scrom, della società Cerimônias Cariocas (CC2016): «I soci brasiliani hanno suggerito i temi, i filoni da considerare e, grazie alla loro sensibilità – spiega Abete –, siamo stati in grado di dare forma e colore, a interpretare la storia del Paese, la sua cultura, le sue contraddizioni, i suoi punti di forza e le sue difficoltà, con un forte accento alla questione ambientale». In particolare, le idee di tre direttori creativi brasiliani, Fernando Mereilles, Daniela Thomas, Andrucha Waddington, «hanno portato un grande tocco di umanità che rende la cerimonia anche più gestibile, dipendendo meno da fattori tecnologici. Inoltre, il contributo allo staff di questi artisti ha riempito i contenuti con due, tre spunti notevoli legati al difficile momento storico che il Paese sta vivendo. In questi mesi di lavorazione, mi ha sorpreso il coinvolgimento umano totale del Brasile: tutti vogliono partecipare, tutti si sentono protagonisti di giorni che resteranno nella storia».

Non ci sarà la grandiosità di Pechino né lo scialo di Sochi ma tanto calore, come si addice a questo popolo. E si stima che la cerimonia, unita a quella di chiusura dei Giochi e alle due serate delle Paralimpiadi, possa avere un budget da circa 35 milioni di dollari, ben al di sotto delle edizioni passate, proprio per la crisi economica. Dopo 12mila volontari, 1.500 ore di prove, 10mila costumi, 76mila chili di impalcature, è il momento della verità: tutto in 3 ore e venti, alle quali ha contribuito anche Marco Balich, in qualità di executive producer.

Le cerimonie di Rio sono il cuore del lavoro dell’azienda italiana, che è reduce da progetti di caratura internazionale: solo nella prima parte dell’anno di Filmmaster è stato l’evento a Roma #wewantroma2024, in occasione della presentazione della candidatura della capitale per i Giochi del 2024; ha dato musica e spettacolo alla cerimonia per la finale di Champions League di Milano a maggio; allo Stade de France di Parigi ha aperto i Campionati europei di calcio; all’Acquario di Genova ha creato l’evento Regeneration: «Riusciamo a lavorare su così tanti progetti in contemporanea perché abbiamo un gruppo affiatato che collabora con noi da anni – spiega Abete – e perché facciamo ricerca di nuovi talenti a 360°. Siamo sempre a caccia di idee, proposte, creatività, di nuove figure e in azienda l’età media è sui 40 anni». In un settore come questo che mescola cultura, tecnologia, arte in modo vorticoso, è necessario anche un grande bagaglio di esperienza: «Diamo spazio a una sorta di passaggio di testimone interno all’azienda: di evento in evento cerchiamo di valorizzare le personalità migliori, di modo che diventino loro protagonisti di nuovi eventi». Anche in aree del mondo finora poco esplorate: «Abbiamo molti contatti con il Middle East – conclude Abete – dove apprezzano la nostra professionalità e quel mix tutto italiano di creatività, buon gusto, emozioni».

Rio 2016, la torcia olimpica attraversa la città

Nei mesi passati, Filmmaster ha curato anche il viaggio della torcia da Olimpia a Rio: 20mila chilometri attraverso i 26 Stati brasiliani, facendo passare il fuoco sacro nelle mani di 10mila tedofori di cui tutto sappiamo, gioia e selfie inclusi. Il nome, invece, dell’ultimo tedoforo è nelle mani di dio, e chissà se sarà O Rey Pelé, come si sussurra. Accenderà un braciere, disegnato dall’americano Anthony Howe, meno monumentale del solito e a basse emissioni per ricordare a tutti – da un Paese che spesso maltratta la propria natura - che il futuro del mondo inizia con il rispetto dell'ambiente. Anche in un’Olimpiade.

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