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Cultura-Domenica Arte

Ma quanto è chic salvare i dati in un caveau svizzero

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2010 alle ore 16:09.

Kentucky? No, Alpi svizzere, a soli tre chilometri da Gstaad dove Roman Polanski ha svernato agli arresti domiciliari. Chissà se anche il regista di L'uomo nell'ombra ha un dossier criptato seppellito nelle viscere della montagna ribattezzata Fort Knox. Christoph Oschwald non ce lo dice: il suo imperativo è la segretezza, la sua ossessione la confidenzialità.

Porte blindate a prova di fungo atomico. Acciaio a prova di scossa sismica. Ambiente pressurizzato per resistere alla catastrofe batteriologica, allo tsunami di un attacco chimico. La montagna non è più incantata ma ultra-securizzata, bucata e perforata. Come un gruviera. Uomini in divisa: bianca per i tecnici informatici, nera per gli uomini della security. Scenario da film americano, dispiegamento di mezzi e cose: «L'avete visto il film 2012? No? Allora andatevelo a vedere. Io non scommetto come alcuni miei clienti che uno scenario di quel genere possa avverarsi. Ma neanche mi sento di escludere che un giorno un cataclisma possa sconvolgere tutto il sistema. Questo è il luogo più sicuro e protetto del mondo».

Christoph Oschwald è un cinquantenne sveglio ed elegante. Proprio quello che serve per attirare clienti in questa valle incastrata nell'Oberland bernese. Poche centinaia di anime e una pista di atterraggio "internazionale" dove — ci spiegano — «possono atterrare jet privati provenienti da New York oppure Dubai e dove il gruppo Siag si occupa direttamente delle formalità doganali per non disturbare troppo i frettolosi e guardinghi passeggeri». Ai jet basta frenare in tempo per non finire nel prato e sfondare le assi levigate della fattoria all'angolo. Per non disturbare le vacche al pascolo.

Per vip e per studenti
Quando arriviamo Christoph ci accoglie con un sorriso aprendoci la portiera del suo fuoristrada: «Avevate il cellulare spento... Credevo vi avessero ammazzati!». Chi ha detto che una buona dose di paranoia non possa andare a braccetto col buonumore e lo humour nero? Lui ci tiene a spiegarci l'essenziale prima di farci visitare quella che chiama «la nuova arca di Noè». E oggi che siamo nel XXI secolo nell'arca cosa ci volete infilare? Animali? No di certo. Al macero anche le vecchie banconote e i volgari lingotti. «Dati, documenti segreti registrati su cd rom, bande magnetiche, dischi rigidi. Ecco cosa vogliono stoccare nei caveaux di Fort Knox i clienti di Siag (Secure Infostore Ag). E noi gli offriamo la tecnologia, le chiavi criptate, l'esperienza maturata in sedici anni di attività e la necessaria protezione assicurata da uomini usciti dalle file dell'esercito. Le forze armate elvetiche lavorano in joint venture con noi. Sono loro ad aver costruito questi bunker durante la seconda guerra mondiale. Volevano proteggere la Svizzera da un eventuale attacco tedesco e poi hanno continuato a costruirli anche dopo quando il pericolo veniva dall'Est».

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Tags Correlati: Christoph Oschwald | Cultura | Forze Armate | Gstaad | Hanspeter Baumann | Mount | Roman Polanski | Siag | Stati Uniti d'America | Svizzera | Ubs | XXI

 

Un elicottero atterra sul piazzale. I tecnici in tuta bianca caricano su un portabagagli quattro dischi rigidi. Le guardie occhiute controllano l'accesso. I back-up per via informatica non sostituiscono il classico trasporto via aria. Semmai lo affiancano. I carichi informatici pesanti possiedono un'aura che va comunque esibita. E l'ebbrezza del volo fornisce il sigillo tangibile e spettacolare di una "potenza" senza volto.

Entriamo nel labirinto pressurizzato dopo essere passati attraverso un metaldetector, una porta girevole antiproiettile e dopo esserci arrampicati su una bilancia. Il nostro peso all'uscita dovrà essere lo stesso di quando siamo entrati. Non si sa mai. L'addetto della security ci segue come un'ombra. Christoph improvvisamente si volta e sul suo volto compare un compiaciuto sorriso. Sembra un bambino davanti a una tavoletta di cioccolata: «Sa quanti database contiene ogni singola cassetta? 10 mila. I dati di 10 mila clienti. Tutti compressi in una sola cassetta di sicurezza. Questo è il nostro nuovo investimento. Oltre ai Vip, ai grandi gruppi industriali, a undici banche svizzere e ai governi di Paesi di cui non posso farvi il nome, abbiamo deciso di aprirci anche a una clientela più ampia e meno elitaria attraverso la nostra filiale SwissVault. Studenti e ricercatori, per esempio, possono inviarci i propri dati, i propri brevetti, anche una semplice tesi di dottorato. Sanno che qui sarà in buone mani. Il servizio è accessibile online, la home page indica le tariffe. Si parte da sette euro al mese pagabili con carta di credito. Il programma e i server installati permettono un back-up automatico. I dati vengono salvati in tempo reale. I computer qui dentro registrano migliaia di contatti ogni giorno».

La rottura del tabù della segretezza con l'elenco dei clienti Ubs spifferato alle autorità statunitensi è stato uno choc non da poco per questi elvetici che il caveau, crisi o non crisi, ce l'hanno nel sangue. Costruirlo nel cuore di una montagna poi è il coronamento di un sogno che va raccontato: «Fort Knox? Perché questo nome? Lo abbiamo scelto 20 anni fa quando gli americani erano ancora dei good guys. Certo oggi lo avremmo battezzato altrimenti. Sinceramente io temo più l'America dei russi o dei cinesi». Con il "grande fratello" a stelle e strisce gli svizzeri oggi, si sa, sono in fredda. I due Paesi però hanno una comune passione, un vizietto che nel suo ingenuo mostrarsi li fa sembrare dei perenni adolescenti. L'amore per i numeri, per le misurazioni. I record danno loro la carica, sono una scossa elettrica che forgia la loro identità e guida il loro "fare".

Attenti alle "talpe" interne
Se agli Usa, prima potenza mondiale almeno per qualche tempo ancora, piace l'infinitamente grande, alla Svizzera va a pennello l'infinitamente piccolo. Può essere un microchip o il quadrante perfetto di un orologio. La qualità racchiusa in un fazzoletto di terra, in un giga-byte. Qualità più sicurezza, altra "tradizionale" specialità elvetica: «Il Papa da ormai 500 anni non si fa forse proteggere dalle guardie svizzere?». Per costruire Fort Knox Christoph Oschwald e il suo amico-collega Hanspeter Baumann hanno investito l'equivalente di 40 milioni di franchi svizzeri. Non oggi, 15 anni fa. Una discreta sommetta che però ha dato i suoi frutti. Il giro d'affari di Siag pare stia aumentando del 120% all'anno. Un successone che permette di pensare in grande: «Fort Knox è il prototipo perfetto della nuova banca versione XXI secolo. Il mercato è enorme. I grandi gruppi industriali temono soprattutto le talpe interne. Nel 90% dei casi a rubare brevetti e segreti industriali sono tecnici e ingegneri salariati. In cambio di soldi questa gente è pronta a consegnare le informazioni riservate agli uffici fiscali, ai governi, ai gruppi concorrenti. È un'emergenza che fa esplodere la domanda. Ecco perché stiamo pensando di aprire bunker ultraprotetti in altri Paesi europei attraverso il progetto ribattezzato Mount 10».

Il nostro viaggio nella cassaforte scavata nella roccia è appassionante, ma un po' faticoso. L'ascensore ci porta al livello di sicurezza 3. Al 4 neanche il signor Oschwald può entrare. Quella è la zona Vip, accessibile solo a persone o entità disposte a sborsare milioni di euro per l'affitto di un "loculo" di 12 metri quadri. Che si debba girare alla larga sembra piuttosto logico.

Fort Knox non è sconsigliato solo ai curiosi e ai malintenzionati, ma anche ai claustrofobici. Basta così, meglio uscire all'aria aperta dove l'uomo della security improvvisamente si è trasformato in maggiordomo.

Saliamo lungo una stretta pensilina verso lo "sky bar": sotto di noi la valle di Gstaad. Verde a perdita d'occhio. Sorseggiamo un bicchiere di vino: «Qui nel mirador portiamo solo i clienti più importanti», racconta Oschwald. Un brindisi corona la firma di un sontuoso contratto. Tra i clienti di Siag qualcuno pare soffra della "sindrome dell'Arca di Noè: «Sì, è vero, per quelli che vogliono fermarsi qui un po' più a lungo stiamo costruendo degli appartamenti sotterranei. Tutto sarà automatizzato e con un clic si potrà fare quel che si vuole, anche accedere a una maxi-finestra con vista». Vista sulla valle? «No, le finestre sono finte. Ma su uno schermo al plasma proietteremo immagini di posti paradisiaci, pieni di palme come Malibù».

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