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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2010 alle ore 19:13.
Inossidabile. Il mito di Napoleone resiste al trascorrere del tempo, indifferente alle mode culturali e alle oscillazioni delle revisioni storiche («modernizzatore dell'Europa o dittatore sanguinario alla stregua di Hitler o di Stalin?»).
Ogni nuovo libro sull'Imperatore vende bene, lo stesso avviene per i videogiochi sulle campagne militari del «più grande generale di tutti i tempi», internet ospita centinaia di siti e di forum, alcuni di grande qualità, come quello della Fondation Napoléon. Forse, solo il cinema resta attardato: dopo la dolente interpretazione di un Napoleone stanco e malato di Rod Steiger in Waterloo (1970) e la magnifica, ma allusiva rivisitazione del mito in chiave di ossessione da parte di Ridley Scott ne I duellanti (1977), la "settima arte" non ha prodotto molto di più di garbate commedie intimiste: sarà che nessuno osa rischiare ciò che Stanley Kubrick fortissimamente volle, ma non poté o seppe fare.
Nel nome e sulle tracce di Napoleone si muovono ogni anno migliaia di turisti in pellegrinaggio ai luoghi deputati della memoria. Dall'Europa e da ogni parte del mondo, con gli americani che soprattutto si ergono a moderni alfieri di un bonapartismo "senza se e senza ma". Fedeli disposti ad attraversare l'Atlantico per assistere alla ricostruzione di Waterloo, che ogni anno si svolge nei luoghi della battaglia (preservati così com'erano nel 1815): battaglioni di appassionati e collezionisti che spendono una fortuna per indossare divise meticolosamente simili alle originali e imbracciare perfette copie dei pesanti moschetti. E pronti a recarsi a Londra per vedere ad Apsley House, residenza del duca di Wellington, la gigantesca statua di Napoleone che Canova scolpì nel marmo (la copia in bronzo è a Brera). O, sempre a Londra al National Army Museum, lo scheletro di Marengo, il cavallino arabo che accompagnò l'Imperatore in cento battaglie. Una prova indiretta della persistente solidità e popolarità del mito napoleonico è che quasi tutti i siti e musei napoleonici più importanti continuano a fare cassetta senza sentire il bisogno di un rinnovamento delle proprie prospettive culturali ed espositive.