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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2010 alle ore 12:24.

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Malkovich è un serial killer: «Chissà perché il pubblico mi vuole cattivo». Nella foto un momento della conferenza stampa, per l'anteprima a RavelloMalkovich è un serial killer: «Chissà perché il pubblico mi vuole cattivo». Nella foto un momento della conferenza stampa, per l'anteprima a Ravello

Cosa hanno in comune Valmont, il celeberrimo seduttore de «Le relazioni pericolose», lo spregiudicato Talleyrand e la spia alcolizzata Osbourne Cox di «Burn after reading»? Apparentemente molto poco, se non il fatto che si tratta di tre personaggi estremamente controversi, per non dire negativi, che al cinema hanno avuto l'inconfondibile volto di John Malkovich. L' attore americano in quarant'anni di carriera ha fatto innumerevoli volte il «cattivo». E meglio di qualsiasi altro interprete della sua generazione.

Un nuovo eroe negativo. Non stupisce allora che Malkovich, per la prima volta in Italia con uno spettacolo teatrale, vesta di nuovo i panni dell'eroe negativo: nientemeno che Jack Unterweger, serial killer austriaco che negli anni Settanta fece strage di donne e ora è al centro di «The Infernal Comedy», pièce in bilico tra teatro d'avanguardia e commedia musicale barocca, scritta da Michael Sturminger (l'1 luglio al Ravello Festival, il 2 luglio al Festival dei Due Mondi di Spoleto e il 16 luglio a Prato). L'attore si presenta all'incontro con la stampa, per l'anteprima di Ravello, in maniche di camicia, jeans arrotolati sulle caviglie, scarpe di tela consumate e bandana gialla al polso. Tantissima voglia di godersi la giornata estiva in Costiera amalfitana, poca di parlare di cinema. Malkovich, infatti, è qui per il teatro.

«In Europa mi conoscono per i film – racconta – e la cosa mi suona persino un po' strana: mi considero, infatti, soprattutto un attore teatrale. È dal teatro che vengo, è questa la dimensione nella quale mi trovo più a mio agio. C'è sempre stato il teatro nella mia carriera. Ma in effetti, se escludiamo le esperienze in Inghilterra, è la prima volta che mi esibisco su un palcoscenico del vecchio continente».

In «The Infernal Comedy» lei interpreta un personaggio realmente esistito, che ha compiuto omicidi efferati. Curiosamente, mentre lei recita, può accadere che la gente seduta in platea rida. Come se lo spiega?
«Il pubblico, magari, resta affascinato da questo curioso personaggio, una specie di brillante don Giovanni che seduce e poi uccide. In questa commedia abbiamo cercato di analizzare il contesto in cui si sviluppa la storia di Jack… una storiaccia di cronaca. E il pubblico, probabilmente, viene attratto da quest'uomo strampalato e bizzarro, colorito e, nel contempo, ricco di carisma».

Jack Unterweger è l'ennesimo ruolo di «cattivo» che lei interpreta nella sua carriera. Non è che per caso si sente attratto dal lato oscuro dell'essere umano?
«Assolutamente no. E poi da attore, più che chiedermi se sono attratto dal male, mi capita spesso di pormi un'altra domanda, che ritengo ben più profonda: perché il pubblico è così attratto dai personaggi negativi da me interpretati?»

Parliamo di musica. In «The Infernal Comedy» gioca un ruolo determinante, con i continui rimandi ad arie di Vivaldi, Gluck, Mozart e Beethoven, per non parlare dei due soprani che dividono il palco con lei. Qual è il ruolo della musica nella sua vita?
«Sul piano umano, la musica si è rivelata una straordinaria esperienza formativa, coltivata sin dalla più tenera età. Come interprete, non si può dire che la musica giochi un ruolo altrettanto importante: noi attori ci limitiamo a recitare. I commenti musicali arrivano dopo, in post produzione, e spettano ad altri. È molto diverso da quando fai il regista. Nel caso del film «Danza di sangue» da me diretto, per esempio, ho avuto un approccio molto creativo con la materia musicale, lavorando fianco a fianco con il compositore spagnolo Alberto Iglesias. In occasioni del genere ti accorgi di quanto sia importante la musica per raccontare una storia».

Il tema del Ravello Festival di quest'anno è la follia. Come la definirebbe?
«Può essere tante cose: può nascere con una persona, si può sviluppare a seguito di particolari esperienze o può rimanere nascosta per decenni. Ha diversi modi di manifestarsi ma, al di sopra di tutto, credo che la follia sia una sorta di difesa della nostra società».

In ultimo, ci anticipa qualcosa dei suoi prossimi progetti cinematografici?
«Al momento non ho nulla di definito». Al momento Malkovich ha più che altro voglia di godersi la giornata estiva in Costiera amalfitana.

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