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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2010 alle ore 10:42.
Con oltre 130 ospiti internazionali, tra i quali il premio Nobel Wole Soyinka, inizia il 5 luglio «La Milanesiana 2010. Letteratura, musica, cinema e scienza», undicesima edizione ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi. Tema scelto: «I paradossi», perché dice Elisabetta Sgarbi «l'anima della Milanesiana è paradossale nel voler ostinatamente far incontrare modi e linguaggi diversi». Concerti nelle piazze, 18 appuntamenti con protagonisti della letteratura, nove con quelli del cinema e due con scienziati; tre mostre (tra le quali «Il cane a sei zampe» a cura di Eni, in Sala Buzzati) e tante occasioni per discutere in tutti i luoghi di Milano.
Quine aveva tracciato confini tra i diversi modi del paradosso. Ci sono situazioni che chiamiamo paradossali ma alla fine dei conti sono tempeste in un bicchier d'acqua mentale. Si possono avere ventun anni ma solo cinque compleanni alle spalle: strano? Sì, ma basta essere nati un ventinove di febbraio. Altri paradossi sono meno innocenti. In un villaggio il barbiere rade tutti e solo coloro che non si radono da soli. Ma questo barbiere si fa la barba? Gli capitasse, non sarebbe più uno dei compaesani che non si radono da soli, e allora non potrebbe farsi la barba; ma se non si fa la barba, allora può radersi.
Decreta Quine: il paradosso è qui una reductio ad absurdum che mostra la falsità dell'ipotesi di partenza. Un barbiere così non può esistere. È a questo punto che scatta la richiesta scandalosa e violenta del paradosso. Ma come, diremmo, che male c'è a immaginare un barbiere che rade tutti e solo quelli che non si radono da sé? Il paradosso (tema di cui parlerà lo scrittore Tahar Ben Jelloun, ospite della «Milanesiana» ) segnala che quello che ci sembra possibile a prima vista non è veramente possibile. Bisogna pensarci, è vero, concentrarsi sul caso speciale in cui il barbiere non è più solo colui che rade ma è anche colui che viene rasato. Pensare per paradossi significa scoprire i costi nascosti dei nostri pensieri.
Dobbiamo scegliere: se ci teniamo il barbiere, dobbiamo rinunciare a una certa idea di noi stessi come persone coerenti. Oppure possiamo tenerci stretta la logica, abbandonare il barbiere, e dubitare almeno un pochino delle nostre intuizioni. Scegliamo tra un piccolo costo locale e un costo globale assai maggiore. I paradossi veramente profondi sono quelli che rimettono in questione la logica stessa: nessuno dei costi ci sembra sostenibile. Sono tutti globali, e decidere che cosa sacrificare ci lascia sgomenti e indifesi; un senso di fragilità che traspare dalla lettera che Frege scrisse dopo la scoperta del paradosso di Russell: «L'aritmetica non sta in piedi!». Tutte le soluzioni sono difficili da maneggiare, a volte assai poco eleganti, sicuramente distanti dal l'intuizione che manda avanti la baracca del pensiero e della decisione giorno per giorno.