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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 19:25.
C'è chi sostiene che copiare sia un'arte, che il plagio sia un omaggio e non un furto, che la citazione sia un elemento ineluttabile della letteratura. Michel Houellebecq è l'ultimo di una lunga lista di autori, scrittori, giornalisti, comici, filosofi, saggisti, critici e musicisti accusati di essersi ispirati al lavoro di qualcun altro.
L'elenco italiano non è breve. Negli ultimi giorni si è arricchito del nome di Fabio Filipuzzi, ingegnere e scrittore udinese, autore di sei libri in quattro anni, alcuni dei quali pare copiati integralmente da romanzi di autori famosi, gente come Peter Handke, Jean-Paul Enthoven e molti altri tra cui Philip Roth e Alain Elkann. Filipuzzi è stato subito definito "geniale" da Tommaso De Benedetti, l'autore delle decine di interviste a scrittori e Premi Nobel completamente false. Lui non copiava, inventava direttamente.
In Italia succede quasi sempre così. Se si copia, in genere non succede nulla. Qualche commento sui giornali, sberleffi nei salotti, due risate, ma non è detto che la carriera ne risenta. Anzi spesso si aprono nuove opportunità, nuovi mercati, nuovi orizzonti. Il posto di lavoro resta al sicuro. L'americano Philip Roth si è chiesto se la carriera di De Benedetti fosse finita, ma il suo finto intervistatore è spesso sui giornali, anche stranieri, intento a spiegare la sua arte. Ora dice di avere in uscita in Spagna e in America un libro di interviste false (sarà vero?) e di voler scrivere un libro a quattro mani con Filipuzzi. È la solita soluzione all'italiana, prendiamoci un caffè, scordiamoci ‘o passato, paisà.
Nel 2008 Vittorio Sgarbi non ha avuto alcun problema a riconoscere che il saggio su Botticelli uscito a suo nome era stato copiato, peraltro non da lui medesimo, ma dalla segretaria.
Corrado Augias è stato accusato non da un avversario politico ma dal suo coautore Vito Mancuso di aver copiato una parte di "Disputa su Dio e dintorni" da "La creazione", un libro del biologo Edward Osborne Wilson uscito per Adelphi. Il laico Augias si è difeso dicendo di essersi avvalso, oltre che di convincimenti e riflessioni personali, «di numerose testimonianze, dalle Confessioni di Agostino a internet". Il Foglio titolò: «Augias cerca Dio su Internet e non lo trova».