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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2010 alle ore 17:19.
«Cristalli di zucchero» è considerata da molti la pasticceria migliore di Roma. L'ambiente, raffinato come le sue torte, affaccia sulla caotica piazza Scotti, ma il retro del locale nasconde dei tavolini dove è possibile parlare senza che i rumori della Capitale si intromettano continuamente nei dialoghi. Nonostante le leccornie di crema e cioccolata, Christian Raimo sceglie per il suo pranzo un'insalata. Sono le tre del pomeriggio e lo scrittore romano è appena tornato dal liceo dove insegna storia e filosofia, quella che definisce la sua "scelta esistenziale": «Fino al 2008 lavoravo per le pagine locali di Repubblica.
Mi leggevano migliaia di persone – racconta – ma, dopo un po', mi sono reso conto che il lavoro non mi dava alcuna soddisfazione, la complessità che provavo a mettere nelle mie storie su Roma non tornava mai indietro. Era diventata una specie di operazione a ribasso. Allora ho capito che dovevo smettere di aspettare il "lettore perfetto" ma partecipare alla sua formazione». Così Christian archivia il giornalismo e si iscrive alla Ssis (Scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario)con l'obiettivo di diventare professore di liceo e una domanda: «Con 99 ore di storia e filosofia all'anno, riuscirò a formare i miei interlocutori di domani?». La risposta positiva si nasconde nel sorriso che sfodera il trentacinquenne prof. in camicia celeste e occhiali anni 50 quando parla dei suoi alunni: «Insegnare mi dà continuamente nuove energie intellettuali».
Domenica scorsa Raimo, che, oltre a insegnare logica ai teenager romani, scrive racconti e lavora come consulente per Laterza e minimum fax, ha denunciato su queste pagine la mancanza di uno spazio pubblico per il dibattito intellettuale in Italia, auspicando la ricostruzione di una «piccola civiltà culturale». «Il mio sfogo è stato influenzato da un episodio: venerdì scorso sono andato a cercare dei libri nella sede della facoltà di filosofia della Sapienza e ho scoperto che, a causa di un taglio di fondi, la biblioteca, come tutte le aule dell'università, chiude alle 3 del pomeriggio». La scena di Villa Mirafiori sarebbe tenera se appartenesse a un film sulla contestazione giovanile o alla periferia di Maputo: ragazzi distesi sull'erba umida con pc portatili, studentesse sistemate su sedie di fortuna o in cerca di una spina nei corridoi per ricaricare il computer. «Più che studenti sembravano "clandestini della cultura". Pensare che accade laddove hanno insegnato e insegnano professori come Marco Maria Olivetti, Lucio Colletti, Tullio Gregory...».