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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 17:30.
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Sesso, droga e tanto tanto rock 'n' roll. O se preferite genio e sregolatezza. Su Keith Richards e la sua vita spericolata si potrebbero versare fiumi d'inchiostro (e di pixel). Johnny Deep ha detto di essersi ispirato a lui, alla sua figura, al modo di muoversi quando suona, al suo look eternamente trasandato, per disegnare il personaggio di Jack Sparrow. Questo ragazzo più che sessantenne che ha appena dato alle stampe una biografia è un'icona vivente. Una vera e propria icona del rock 'n' roll.
Dal 1962 è il motore dei Rolling Stones. E' suo il sound del gruppo, sue le composizioni più famose. Ma Keith Richards è anche - e forse prima di tutto - un grande chitarrista. Diverse volte è entrato nella classifica dei migliori al mondo delle 6 corde stilata dall'omonimo mensile musicale americano. Per il suo modo di suonare stralunato, dal groove inconfondibile. Che è suo. E di nessun altro. I suoi riff nati nelle notti insonni di follia etilica-chimica o nelle lunghe tournèe della band fanno parte della storia della musica e di quella che accompagna la memoria di tutti noi nati nella seconda metà del secolo scorso - pensate solo ai più famosi «Start me up», «Miss you» o «I can't get no satisfaction» - prima di diventare logo musicale di tutti i computer Microsoft.
Keith ha il blues e il rythm 'n' blues nel sangue più di qualsiasi altra sostanza. È cresciuto a sigarette, droga e rifacendo gli assoli di Robert Johnson, Jimmy Reed e Muddy Waters . Suonando suonando, ripetendo i suoi riff fino alla paranoia, ha inventato un modo di suonare unico, timbro personale e inconfondibile (come è per capirci quello di the Edge degli U2 o di Brian May dei Queen) che è il suo, ma anche il marchio di fabbrica delle pietre rotolanti. Un chitarrismo pigro e lirico, per niente (e volutamente) virtuoso. Usando spesso le accordature aperte in Sol - le corde vuote che da sole suonano un accordo in Sol maggiore, con la sequenza Re/Sol/Re/Sol/Si/Re - con un'abitudine a fare meno movimenti possibili sulla tastiera e a ripeterli all'infinito. Un mito, insomma.
Per questo, nonostante l'indolenza oblomoviana sulle sei corde, nella mia ideale classifica dei migliori cinque chitarristi rock al mondo lo metterei al quinto posto dopo - nell'ordine - Jimi Hendrix (1), Steve Ray Vaughan (2), Jimmy Page (3) e Ritchie Blackmore. Voi cosa ne pensate?
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