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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2010 alle ore 16:17.
Forse non immaginavate, che Monsieur Molière potesse pensare e parlare come un autore contemporaneo e il suo Alceste " malato" di misantropia, rappresenta in pieno la coscienza e il tormento del terzo millennio. Sarà una sorpresa costatarlo nel raffinato allestimento di Massimo Castri firma registica del capolavoro molieriano "Il Misantropo", che ha debuttato in prima assoluta al Teatro Argentina di Roma, con la strepitosa traduzione di Cesare Garboli, interpretato da un superbo Popolizio che incarna al " massimo" la personalità del titolo.
Testo seicentesco audace e autobiografico, che si differenzia dal genere comico tipico dell'autore, puntando impietosamente il dito contro la corruzione, il ciarpame salottiero, l'ipocrisia. Non dobbiamo dimenticare che Molière lo scrisse in un periodo particolare della sua esistenza, la mogliettina, aspirante attrice di venti anni più giovane, gli rendeva la vita impossibile e il suo " Il Tartufo" era sotto censura. Povero Alceste-Massimo, la natura non l'ha accessoriato per servilismi e successo. Si ritrova costretto a lottare contro i mulini al vento brandendo il bastone, incapace di accettare compromessi alla stregua del suo unico amico l'accomodante Filinto (Graziano Piazza), lo trascinano in tribunale per aver osato contrastare i sonetti insulsi del poeta trombone Oronte (Sergio Leone), la bella società impomatata di dame e lacchè lo boicotta perché pronuncia parole blasfeme come: sincerità e libertà.
Travasa bile da tutti i pori, borbotta, bofonchia, alza i tacchi, il nostro umorale prode solitario. Arrabattandosi tra melensi boudoir barocchi e vellutati, nobilastri ruffiani e denigratori, posseduto e soggiogato dall'amore impulsivo e sofferto per la civettuola e furbacchiona Cèlimène (Federica Castellini). Non a caso il sottotitolo della commedia è "l'innamorato atrabiliare" Figurine da tragico minuetto, i protagonisti si muovono in una scatola teatrale sorprendente e ben confezionata da Maurizio Balò che firma anche i costumi. Una moltitudine di specchi- candelieri bianchi creando un effetto d'immagini rimandate, che come monitor riflettono e riverberano e smascherano impietosamente le meschinità e la vacuità della maliziosa giostrina. I personaggi entrano ed escono da due piccoli pertugi laterali, disagevoli come le loro identità, costretti a piegarsi e ingobbirsi, bardati con smisurati parrucconi e costumi pomposi, tranne Alceste bisbetico dark senza posticci.