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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2010 alle ore 19:31.
Duecentosettantuno opere di Picasso venute fuori dal nulla, finora sconosciute. Tenendosi bassi nelle stime, qualcosa come una sessantina di milioni di euro. Ebbene, per il momento sono sotto sequestro. Ma al centro di una battaglia giuridica che oppone il figlio del pittore, Claude Picasso, e un oscuro pensionato di un paesino della Costa azzurra, tal Pierre Le Guennec, 71 anni. Professione, elettricista. Che lavorò per Picasso negli ultimi anni della sua vita (morì nel 1973), nelle diverse residenze che il pittore aveva nel Sud, compresa la mitica villa La Californie a Cannes.
Sì, difficile da credere, il pittore gli avrebbe donato quel patrimonio, rimasto così tanti anni in un baule. Ma andiamo per gradi. Tutto inizia il 14 gennaio scorso, quando Claude Picasso, che amministra la successione del padre, riceve una lettera da Monsieur Le Guennec, che chiede di autentificare 26 opere inedite, con tanto di foto. A quella missiva ne seguiranno altre, ogni volta con nuovi dipinti, litografie, disegni. A un certo punto Claude decide di convocarlo nel suo ufficio parigino: non può accertare l'autenticità di quel tesoro senza un esame diretto e approfondito.
Lo scorso 9 settembre Le Guennec si presenta alla Picasso Administration assieme alla moglie, muniti di una valigia, dalla quale escono fuori gran parte delle opere possedute. Sono tutte del periodo che va dal 1900 al 1932, anni difficili dal punto di vista economico per il pittore, arrivato senza soldi a Parigi da Barcellona. E che metterà molto tempo a essere capito e ad avere successo. Fra le varie opere tirate fuori dalla valigia, perfino nove «collage cubisti», assai rari. E un acquarello del periodo blu, ritratti della prima moglie Olga, una serie di gouache.
Cosa provò quel giorno Claude Picasso? «Per me fu una grandissima sorpresa. Tanta emozione per il fatto di scoprire delle opere che non conoscevamo assolutamente», ha dichiarato al giornale Libération. Dopo, però, arrivarono i dubbi. Non sul fatto che le opere fossero dei falsi: sono assolutamente vere. Ma la maggior parte non sono datate, mentre Picasso era maniacale, metteva la data a ogni suo dipinto, soprattutto quando lasciava il proprio studio, nel caso di vendita o donazione.