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Cultura-Domenica Arte

Viaggio nel Museo del Novecento. Finazzer Flory: gratuiti i primi tre mesi

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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 10:14.

È una giornata di sole in piazza Duomo: le guglie gotiche riflettono arabeschi dorati. E nel museo-cantiere dell'Arengario, che si affaccia sul salotto buono dei milanesi, l'emozione è palpabile: ancora pochi giorni, e l'architettura di matrice fascista, completamente trasformata negli spazi interni, accoglierà il Museo delle arti del Novecento e i capolavori delle civiche raccolte milanesi. Siamo andati a visitare in esclusiva gli spazi, il giorno prima della fine dei lavori: c'è ancora qualche cartone sui pavimenti, qualche opera attende l'allestimento, ma il count-down è ormai iniziato. Il comune assicura che il 6 dicembre, giorno dell'apertura al pubblico, tutto sarà pronto.

Intanto, all'ultimo piano dell'Arengario, il groviglio luminoso del Neon di Fontana, disegnato nel 1951 per la Triennale, è già visibile dalla piazza. È una traccia postfuturista, un segno forte del nuovo museo, come la grande rampa a spirale che si inerpica dall'ingresso verso l'alto, oltre le pareti di cristallo. «Per entrare bisogna camminare sulla rampa, questa è una struttura dalla fisicità introversa – spiega Italo Rota, l'architetto autore del progetto insieme con Fabio Fornasari –: anche all'interno, lo spazio impone un contatto quasi fisico e diretto con le opere esposte».
La prima a offrirsi allo sguardo è la grande tela del Quarto Stato, di Giuseppe Pellizza da Volpedo, che arriva dalla Gam di via Palestro: realizzata nel 1901, è l'ideale viatico dall'Ottocento alla modernità. Quindi il percorso si snoda attraverso sale monografiche e a tema, dislocate sui diversi livelli dell'edificio: ogni spazio è progettato ad hoc per le opere, in totale 400 (350 più la collezione Marino Marini) su una superficie di 3.500 metri quadrati. L'incipit è dedicato alle avanguardie, da Kandinsky a Picasso, con opere della collezione Jucker, per passare poi al movimento futurista, protagonista della Sala delle Colonne: sulle pareti rivestite di tessuto, a ricreare un effetto quasi domestico, sfilano dapprima i ritratti prefuturisti di Boccioni e poi le sue tele all'apice del dinamismo. Accanto, le tele di Balla (come Spazzolridente del 1918), e poi di Depero, Severini, Sironi, Soffici. E l'itinerario prosegue con l'arte degli anni '20 e '30: grandi ritratti di Carrà e Guidi, accanto a sculture di Martini e Melotti, e tele di Campigli, Casorati, fino a Morandi e De Chirico. «Questo è un teatro della memoria – spiega Italo Rota –, ecco perché ho cercato di mantenere un carattere collagistico, intendendo l'architettura come un contorno per le opere, ma anche come una grande installazione contemporanea».

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Tutto il Novecento accanto al Duomo

C'era una volta il Cimac, il «Civico museo di arte contemporanea» di Milano, mesto per quel nome e

Tags Correlati: Arte | De Chirico | Fabio Fornasari | Giuseppe Pellizza da Volpedo | Gruppo T | Italo Rota | Lucio Fontana | Marina Pugliese | Massimiliano Finazzer Flory | Milano |

 

È ancor più emblemtico, dunque, il Neon di Lucio Fontana nel grande salone della torre. Anche il soffitto, proveniente dall'Hotel del Golfo dell'Isola d'Elba, è una creazione dell'artista: e diviene l'ideale basamento della sovrastante sala Fontana, con i Concetti spaziali degli anni '50. Il percorso continua con Burri e poi, nella passerella sospesa collegata a Palazzo Reale, con il Gruppo T, la Pop art italiana, la pittura analitica; fino all'ultima sezione, dedicata all'Arte povera. «L'ingresso al museo sarà gratuito per tre mesi – annuncia l'assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory –: dovranno essere i cuori a decidere quanto vale quest'operazione, la cui caratteristica è l'assenza di discontinuità tra lo spazio museale, profondamente trasformato, e la città. Il percorso spazia da Pellizza da Volpedo, inteso come momento di passaggio tra l'Otto e il Novecento, fino alle sculture di Luciano Fabro, padre milanese dell'Arte povera che rappresenta, invece, lo snodo tra la modernità e il contemporaneo». «E finalmente – aggiunge Finazzer – ci sarà anche uno spazio cinematografico, oltre agli archivi per studiare il '900, secolo sterminato e non "breve"». L'apertura del museo, diretto da Marina Pugliese, determina, di fatto, un continuum di spazi per la cultura nel centro di Milano: in tutto 18mila metri quadrati, destinati a un sistema che registra ogni anno milioni di turisti.

Ingresso gratuito. Dovranno essere i cuori a decidere quanto vale l'operazione la cui cifra è l'assenza di discontinuità tra questo nuovo museo e la città.

silvia.sperandio@ilsole24ore.com


I NUMERI
400 - Le opere
È il totale dei lavori esposti nel museo del Novecento, tra sculture, tele e installazioni
3.500 - Metri quadrati
La superficie della struttura dell'Arengario dopo la completa ristrutturazione
20 milioni - L'investimento
È la cifra complessiva spesa per realizzare il museo
18mila - Metri quadrati
La superficie delle strutture adibite ad attività culturali in piazza Duomo, considerando l'Arengario, Palazzo Reale e gli uffici dell'assessorato

Intervista Gillo Dorfles
«Molte opere sono nei caveau»
«Va molto bene che abbiano trasformato la brutta architettura dell'Arengario in qualcosa di utile per la città: fan benissimo a utilizzarlo, ma non si creda che sia questo il museo d'arte contemporanea che Milano aspetta da cinquant'anni». Così il decano dei critici d'arte, Gillo Dorfles, commenta la nascita del Museo del Novecento. «Inoltre, visto il nucleo significativo della raccolta, diventerà soprattutto un museo del Futurismo, movimento che a Milano ha avuto il suo massimo sviluppo». «Non vorrei, però, che il pubblico credesse che questo piccolo padiglione di 400 opere sia il museo che la città attende da tempo: ci sono migliaia di opere che restano in attesa nei caveau». (Si.Spe.)

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