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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2011 alle ore 16:22.
Diciamolo senza girarci troppo intorno: gran parte del mito di Sanremo sta nello spessore degli ospiti internazionali che, dalle origini a oggi, hanno calcato la platea dell'Ariston. Che li si intendesse come un piacevole diversivo alla competizione canora piuttosto che come una vetrina su stili e tendenze musicali del cosiddetto «resto del mondo», gli interpreti stranieri hanno di fatto contribuito a rendere l'Italia della canzonetta un po' meno provinciale.
Perché hai voglia a dire ma in fatto di business discografico il Bel Paese ha sempre rappresentato un «local market» se non addirittura un «ethnic market». Che colpaccio allora portare un asso di oltreoceano o oltremanica a Sanremo!
«Satchmo» e il soul
E così in sessant'anni non ci siamo fatti mancare (quasi) niente, a cominciare dall'uomo che fino alla sua scomparsa ha incarnato l'essenza stessa del jazz: niente meno che Louis Armstrong. «Satchmo» partecipa all'edizione '68 del Festival, col compito di affiancare l'italiana Lara Saint Paul nell'esecuzione di «Mi va di cantare» (la formula dell'epoca prevedeva infatti che un big straniero reintepretasse un brano in gara). Il pubblico impazzisce per il vecchio leone ormai a fine carriera, ma di fatto il brano chiude tredicesimo in classifica. In quella stessa edizione andrà peggio a Dionne Warwick, musa di Burt Bacharach che si piazzerà quattordicesima con la bellissima «La voce del silenzio», ma decisamente meglio all'icona soul Wilson Pickett, quarto con «Deborah». Il rythm and blues a quanto pare funziona il riviera, tant'è vero che un anno più tardi arriva pure un giovane Stevie Wonder che interpreta una emozionante «Sei tu ragazzo mio». Quando si dice il black power sanremese…
I «Gallinacci» e la Contestazione
Gli anni Sessanta rappresentano anche il decennio della contestazione giovanile e, per l'edizione 1966 del Festival, va a finire che invitano gli Yardbirds, tra le band meglio assortite della controcultura britannica. Per capirci: un certo Eric Clapton ha appena lasciato il gruppo mentre, di lì a qualche mese, vi si aggregherà nelle vesti di bassista facente funzione tale Jimmy Page. A comandare il gioco c'è un altro funambolo della chitarra di nome Jeff Beck. La direzione della kermesse, all'epoca nelle mani di Gianni Ravera, affida loro due brani: la versione inglese di «Pafff… bum» dell'esordiente Lucio Dalla e la dolente «Questa volta», in gara con il clone nostrano di Elvis Bobby Solo. L'apparizione degli Yardbirds a Sanremo, tuttavia, passerà alla storia per un altro motivo: Mike Bongiorno li presenterà al pubblico italiano traducendo alla lettera il loro nome. «Signore e signori, ecco a voi i Gallinacci».