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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2011 alle ore 08:23.

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Furbi, fessi e cortigianiFurbi, fessi e cortigiani

La realtà è che il Rinascimento fu una retorica pagata con la disfatta politica, economica e sociale. «Nel Quattrocento», ha scritto Eugenio Garin, «mentre fioriscono pittura, architettura e scultura; mentre le produzioni letterarie si fanno più raffinate; mentre si esprimono ideali educativi di singolare altezza, tutta l'economia delle città è scossa, le autonomie cittadine vacillano, le libertà comunali scompaiono, la Chiesa sembra corrompersi sempre più intimamente. L'avanzata turca e la caduta di Costantinopoli appaiono come presagi minacciosi di nuove invasioni barbariche». Salvo un nucleo particolarissimo, il Rinascimento fu l'affermazione della classe media poco istruita, degli intellettuali prezzolati e dei mercanti spregiudicati.
Proprio come il Risorgimento, invenzione retorica di una dittatura ridicola, il Fascismo, che cercò sempre legittimazione nel passato, il Rinascimento fu un mito dove il carattere nazionale si strutturò. Peccato che dopo le cose peggiorarono. Tramontate le corrotte signorie con la scomparsa di Lorenzo de' Medici, il genio oscuro che non riuscendo a unire l'Italia si limitò al suo programma politico — «chi vuol esser lieto sia, del doman non v'è certezza» — la società torna passiva, povera e corrotta, caratteristiche che Controriforma e dominazione spagnola avrebbero fissato per sempre. Assieme a un'altra: la prostituzione. Durante il Seicento, quando i palazzi rinascimentali iniziano a perdere smalto, l'Italia torna a splendere e attirare il mondo per il "vizio greco" ribattezzato subito amore all'italiana. È l'altra faccia del machismo nazionale, che scandalizzò lo storico dei papi tedesco Ludwig von Pastor: «Sicure testimonianze non lasciano dubbi che l'orrendo vizio dei greci tornò allora di moda». Nonostante le autorità tentassero con sanzioni di porre un freno, naturalmente invano.

Assieme ai pasoliniani ragazzi di vita, però, in Italia brillavano le cortigiane. Una vera e propria classe sociale che attirava l'élite più blasonata: nobili, finanzieri, militari, giuristi e naturalmente prelati per cui frequentare le meretrici non era onta ma vanto. Buon compleanno, dunque. All'Italia e agli italiani che «si aspettano sempre qualcosa da tutte le parti meno che da se stessi», come ha scritto lo storico Giovanni Miccoli. «Sarà l'imperatore, un re, un papa angelico, un curia rinnovata, un intervento provvidenziale, qualunque cosa insomma che non coinvolga subito e immediatamente scelte e responsabilità personali e collettive». Un po' come in quelle barzellette dove i più valenti tedeschi, inglesi e francesi perdono sempre contro gli italiani meno dotati ma più furbi. Peccato che l'Italia del XXI secolo non sia ancora una barzelletta, anche se gli somiglia ogni giorno di più.

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