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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 08:21.

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giulia ichino 01 Ogni giorno si riparte Editor narrativa italiana Mondadori Che non esista una parola italiana per definire questo lavoro da sempre m'infastidisce, ma pare non ci sia rimedio. Forse perché così ci sentiamo più importanti, ma più probabilmente, mi dico, perché si tratta di un mestiere strano e fluido, che ne contiene in sé molti, diversi e complementari.
Ci vuole l'amore certosino per le parole – quello del redattore, che lavora di lima dentro un testo rispettandone l'autorevolezza – e insieme la passione del cercatore di libri, rabdomante che intuisce acqua viva sotto la terra. Ci vuole, oggi più che mai, velocità per planare su una preda appetitosa – la concorrenza è aspra, lo sguardo non è nulla senza lo slancio –, e la pazienza di chi sa accompagnare lungo il cammino della scrittura l'autore, facendosi per lui specchio (quando non riesce a vedersi), sostegno (tutte le volte che dubita di sé), critico (quando ha troppe certezze), alleato sincero. Ci vuole energia per portare il libro ai lettori, sempre più lontano. Infine, a volte, ci vuole il coraggio di dire no. Una regola universale non c'è. Se lo conoscessimo, il Segreto Per Il Libro Ideale – «letterario e commerciale», acutissimo e godibilissimo, alla moda e imperituro –, lo terremmo gelosamente per noi. Ma in realtà il bello è dover ricominciare ogni giorno. Sapere che l'editoria è una troppo facile scienza a posteriori («tutto merito di quel titolo strepitoso», «certo se gli aveste fatto una copertina decente...», «con cento pagine in meno avrebbe funzionato»), ma che la sua missione sta nel valorizzare l'infinita gamma della creatività, con le asperità e le sproporzioni che sono l'essenza di ogni cosa bella. Su carta o tramite byte. Difendendone il valore: anche quello economico, che ci consente di dedicare a parole, storie, idee giorni febbrili e, io credo, felici.
© RIPRODUZIONE RISERVATA giulio mozzi 02 A caccia di umanità Scrittore, consulente editoriale Si impara ad amare, si dice, attraverso l'esperienza di essere amati; si impara a donare attraverso l'esperienza di ricevere doni; si impara a riconoscere l'umanità che è in altri attraverso l'esperienza di essere riconosciuti nella propria umanità. Tutto qui. È poco – è poco perché sono banalità, luoghi comuni – ed è tanto, perché è tutto: non c'è altro.
Il lavoro di chi viene chiamato "scout letterario", "cercatore di talenti letterari", o in altri modi più o meno simili, consiste solo in questo: nell'esercitarsi a riconoscere l'umanità che è in altre persone, e nello specializzarsi nel riconoscere tale umanità in una delle sue possibili manifestazioni: la narrazione per iscritto. Se io so fare questo – tocca ad altri dire se lo so fare – è perché, a suo tempo, Marco Lodoli riconobbe l'umanità che era in me e che si era manifestata in una narrazione; e tocca ad altri dire se Marco Lodoli, quella volta, abbia visto giusto.

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