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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 19:14.

Se la cellulite della top model Kate Moss vi ha colti di sorpresa, probabilmente non avete ancora compreso che aria tira negli anni Dieci: sovrappeso, extra-large, peluria incolta, piccoli o grandi difetti corporei non rappresentano più il nemico assoluto. È come se si cogliessero i primi timidi segnali di una rivoluzione estetica che parte dal jet set e arriva fino all'ultimo paesino di provincia irradiato dal tubo catodico o toccato da internet. Cambiano i modelli di riferimento e, di conseguenza, usi e costumi delle masse.

Adele e le altre

Il fisico è quello da tipica fidanzatina inglese con cui uscire la sera al pub in allegria: evidentemente, sfacciatamente in carne, con buona pace di diete, sedute fitness e pose molto glamour-finte alla Victoria Beckham. Con le gambe in avanti, floridamente tizianesca, senza tanti finti pudori o inquadrature benevole di luce in Rolling in the Deep la cantante inglese Adele appare tra piatti e bicchieri rotti. I capelli raccolti come s'usava un tempo quest'artista dalla voce di velluto dimostra di avere istinto e razza. E il fisico semplicemente non importa. Il suo Rolling in the deep lo senti dovunque, pubblicità d'auto comprese. Quanto alle teenager, inglesi e non solo, apprezzano: a dimostrazione che il successo non passa indefinitiamente per la taglia 38. E così dopo anni di edonismo sfrenato e forme perfette dalla linea stringata, a emergere nella top ten è una in cui identificarsi senza complessi di silhouette. Il cigno sta insomma nel talento, chi si ferma al bozzolo sorpassato da primo anatroccolo è inevitabilmente perduto. Perché la metaformosi che sembra interessare molti dei nostri quindici-sedicenni è volutamante valoriale prima che estetica. Dopo anni e anni di belle con voci così così imposte dal mercato, i giovani cresciuti a pane e facebook sembrano essere interessati ad altro. E l'espressività, modello Arisa per intenderci, con almeno un minimo di identità prima dell'omologazione globale, sembra spuntarla sul resto. Anche in pubblicità , seppure siano solo eccezioni d'inizio, i volti si fanno improvvisamente meno levigati, i ragazzi sorridono dietro a barbe incolte anche quando pubblicizzano un prodotto per far brillare i denti e le ragazze che appaiono sono le stesse che vedi protestare in piazza, ritrovando coscienza e l'orgoglio di un sé al femminile troppo banalmente sacrificato sull'altare dell'apparenza. Per ora sono solo segnali. Eppure, con o senza Ruby e le altre, sembra tornare fra i giovanissimi la voglia di genuinità: il modello della femme-bimbô (le finte barbie nostrane) tròp habillé (fin troppo eleganti) non piace alle parigine e attrae sempre meno anche le nostre ragazzine. Provare per credere: nella via trend setter per eccelelnza della gioventù milanese, il Corso Ticinese con le Colonne in capo, assomiglia sempre più al Marais parigino, con sedicenni meno griffate e più creative, soprattutto in evidente ricerca di una declinazione più intima e propria anche dell'apparenza. Sarà l'effetto crisi, ma le palestre attraggono meno e le labbra rifatte e la sesta di puro plasticone nei locali sui Navigli senti più spesso denigrarle che ambirle come un tempo. Insomma Adele sembra fare scuola e le veline forse iniziano a stancare. E se sul palco più nazional-popolare che ci sia, Sanremo per intenderci, dopo tanto tempo ha vinto una canzone vera e le due veline per eccellenza, Elisabetta Canalis e Belén Rodriguez, si sono distinte più per la loro inadeguatezza che per l'appeal indiscusso, qualcosa vorrà pur dire. O no?

La nuova estetica sexy

I nuovi dei dello sport

Anche in ambito sportivo, da sempre orizzonte di riferimento per i fenomeni di costume, starà accadendo qualcosa. Dall'altra parte delle Alpi, per esempio, impazza il fenomeno Sébastien Chabal, atleta simbolo del rugby francese per il quale si sprecano nomignoli tutt'altro che gentili: da «Orco» a «uomo di Neanderthal». Guardatelo in foto e giudicate voi: 108 chilogrammi fatti soprattutto di massa muscolare per 191 centimetri d'altezza, chioma lunga ben oltre le spalle, barbone folto degno di un Vercingetorige. Non ci crederete ma moltissime adolescenti francesi tengono appesi in camera i suoi poster, segno che viviamo tempi lontanissimi da quelli in cui da quelle parti si venerava lo smilzo e aristocratico attore de «Il tempo delle mele» Pierre Cosso. Se poi vi serve un'altra prova di quanto faccia tendenza il look dell'uomo chiamato Chabal, volgete lo sguardo sul di lui collega italiano Martin Leandro Castrogiovanni, altro blocco di carne da 122 chilogrammi per 186 centimetri, barbuto e capelluto: i due si somigliano così tanto che due anni fa, dopo un match Italia-Francia, se le diedero di santa ragione. Motivo dell'eroica tenzone? Neanche a dirlo: donne. Perché, a quanto pare, se sei extra-extralarge e mandi in pensione il tuo barbiere al gentil sesso devi piacere eccome.

Se cercate nel beneamato calcio tracce di stravolgimenti dei modelli estetici di riferimento non resterete insoddisfatti: in Inghilterra per esempio l'atleta simbolo degli anni Novanta si chiamava David Beckham, lo «spice boy» che non avrebbe sfigurato in una boy band (qualcuno guardandolo coniò addirittura il termine «metro-sexual»), oggi impazza il tozzo e trascurato Wayne Rooney che, tolto da un campo di pallone, riesci a immaginartelo solo a trincare litri di birra nera in un pub del Merseyside. Sotto il braccio della suddetta Adele, per dirne una, starebbe una favola. Qui da noi gli occhi di ghiaccio di Roberto Baggio e Paolo Maldini sembrano un antico ricordo eclissato dal volto butterato di Antonio Cassano. Uno che, a detta sua, ha avuto seicento donne. Delle due l'una: o mente o per le ragazze la bellezza oggi conta fino a un certo punto.

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